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Channel: Un condominio in cucina
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Le polpettine in agrodolce della zia Pina

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La scorsa settimana Tam cantava: ♫ L'estate sta finendo...♬´¯`♬
Ma davvero?? Da voi che tempo fa?
Qui un gran caldo!!!! O meglio, durante  il giorno io sto ancora con l'aria condizionata a manetta, mentre il pomeriggio/sera quando l'aria si fa friccicarella, gradisco una tazza di thè, giusto perché ho la smania che arrivi la mia stagione preferita: l'autunno!
E così, questa escursione di temperature, con la mattina e parte del pomeriggio in pieno caldo, e la sera con un po' frescolino fa sì che anche in cucina si alternino piatti ancora rigorosamente estivi (friselle e pomodori in primis) con qualcosa che non esca dal frigorifero a 4 gradi!

Che si prepara allora? Un piatto caldo o un piatto freddo? Presto fatto!
La risposta me l'ha data il ricordo di una cena a casa della zia Pina, siciliana doc trapiantata da una vita al nord ma che in cucina mantiene ancora tutta la tradizione delle sue origini!!
Un pomeriggio, la vedo trafficare in cucina tutta intenta a far roteare tra le sue mani delle piccole polpette che erano più tonde delle palle da bowling (!!!) e le chiedo:
"zia cosa prepari?"
" Le polpette alla siciliana per la cena! Rimani qui che ti faccio vedere come si fanno!"
"Ma non è un po' troppo presto se sono per cena?"
"Eh no! Queste devono rriposare e poi si devono mangiare tiepide!"

Insomma, con le polpette vi ho lasciati e con le polpette mi faccio ritrovare!
Ma vi garantisco che anche queste son buonissime!
Si siiiiiiiiolgono in bocca.
Non bisogna soffiare come un bue prima di poter fare un boccone.
Si preparano in anticipo (anzi è doveroso perché il riposo fa sì che i sapori si fondano alla perfezione).
Se non si fanno navigare nell'olio sono anche ottime alleate della linea! ;-)



INGREDIENTI (per circa 20-25 polpette)

per le polpette
500 g di carne di bovino macinata
100 g di latte (se le volete più leggere 50 g di latte e 50 di acqua)
50   g di parmigiano grattugiato
50   g di pane raffermo
1 uovo piccolo
1 cucchiaio di olio
sale e pepe q.b.

per l'agrodolce
2 cipolle di Tropea
1 cucchiaino di origano
aceto
zucchero


Vabbè, non sto qui a spiegarvi come si devono fare le polpette, no?? :-DDDD
Racconto brevemente come ho proceduto io. ;-)
(clicca sull'immagine per ingrandire)
Versare il latte sul pane raffermo e, dopo che si sarà completamente disfatto, unire il parmigiano, l'uovo, una manciata di pepe macinato al momento, poi l'olio e creare una sorta di emulsione da versare sulla carne.
Regolare di sale tutto l'insieme, affondare le mani ed amalgamare fino ad ottenere un impasto morbido per poi formare le polpette della grandezza di una noce cicciottella! ;-)
Scaldare una padella in allumino (ma anche quella con il rivestimento antiaderente va benissimo), versarvi 2-3 cucchiai d'olio e rosolare le polpette da entrambi i lati; nel frattempo pelare la cipolla e tagliarla a fette non troppo sottili.
Quando le polpette inizieranno a sfrigolare vivacemente, toglierle dal fuoco e tenerle da parte in una ciotola.
Senza lavare la padella (che figata eh?), versare un cucchiaio abbondante di olio nel fondo di cottura rilasciato dalla carne e versarvi le cipolle; unire un paio di cucchiaio di acqua e lasciarle stufare a fiamma dolce per i primi cinque minuti. Trascorso questo tempo, alzare la temperatura e farle rosolare per bene, stando attenti a non far evaporare tutto il liquido.
Ora è il momento dell'agrodolce.
Come avrete notato, negli ingredienti non son stata troppo precisa con le dosi perché molto dipende dai gusti personali. C'è chi l'agrodolce lo preferisce molto deciso, chi invece appena accennato.
Io appartengo al primo "c'è chi"! :-)))
Alle cipolle che nel frattempo rosolano, aggiungere un cucchiaino di origano, due cucchiai di zucchero e tre di aceto; lasciare evaporare e far ridurre un po' la salsina lasciandola morbida.
Unire le polpette e mescolare delicatamente giusto il tempo che si insaporiscano ed assorbano un po' dell'agrodolce, poi spegnere il fuoco.
Lasciar raffreddare qualche minuto, poi versarle in una ciotola e mantenerle coperte in attesa che arrivi l'ora del pranzo o della cena per potersele pappare! :-))))))




Consigli:
  • scegliete una carne di ottima qualità, e che non abbia troppe venature di grasso;
  • la cipolla, possibilmente, deve essere quella di Tropea (la sua dolcezza è ineguagliabile); 
  • anche l'aceto in questa ricetta è importante! Se avete la possibilità di acquistarne uno fatto in casa, provatelo... il profumo ed il sapore, consentitemelo, sono tutt'altra cosa!!!
  • se avete tempo, raddoppiate le dosi della carne e tenete una scorta di queste polpette in freezer. E se non gradite l'agrodolce o la cipolla, potete farle semplicemente fritte oppure al sugo con una bella fetta di pane per un'ottima scarpetta! :-)))


Buona settimana! :-))))))
Siate lieti, sempre!

Un pane quasi tutta biga e il ritorno delle mani in pasta.

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Non panifico da almeno cinque mesi... incredibile eh??
In compenso, pur non sporcandomi mani e muso con la farina, ho continuato a leggere, a studiare e a documentarmi su quella che da sempre è la cosa che più amo fare: il pane!
Perché se è vero che mi sto dando una regolata nel mangiarne molto poco, non è altrettanto vero che ho smesso di provareprovareprovare leggere leggere leggere per saperne sempre di più! ;-)

Mi capita tra le mani il libro Panificando di Piergiorgio Giorilli e da lì prendo spunti su come, alcuni tipi di pane, possano essere composti dalla sola biga a cui aggiungere, dopo la sua maturazione, solamente acqua, altro lievito, sale e null'altro.
Incuriosita da questa cosa cerco altre fonti che approfondiscano la questione e mi faccio una mia idea su come sperimentare questa tecnica, fino ad arrivare a fare una prima prova in cui la biga costituisce circa l'80% del prodotto finito.
Risultato??
Un pane dal profumo ineguagliabile  nonostante l'uso di una comunissima farina 0 biologica, crosta croccantissima ed una mollica soffice soffice che è perdurata per tutto il tempo in cui la pagnotta è riuscita a rimanere nascosta in uno sportello della cucina per evitare che fosse mangiata tutta non appena raffreddata! ;-)
Se volete rispolverare la memoria su cos'è la biga e sui vantaggi del metodo di impasto indiretto andate qui! ;-) ;-) ;-)

Questo il mio primo esperimento.



(clicca per ingrandire)
INGREDIENTI 

Per la biga:
500 g di farina 0 (11 di proteine)
300 g di acqua a temperatura ambiente
75 g di lievito madre liquido rinfrescato
oppure
460 g di farina 0
300 g di acqua
110 g di pasta madre solida
oppure
un lievitino fatto con 40 g di farina 40 g di acqua e 2 g di lievito di birra fresco.
(in questo caso, attendere il raddoppio e preparare la biga con i pesi indicati per la pasta madre solida procedendo poi come da ricetta).

Per l'impasto: 
125 g di farina 0
100 g di acqua
15 g di sale
1 cucchiaino di miele o dimalto d'orzo


Prepariamo la biga.
(clicca per ingrandire)

Nella planetaria, o in una ciotola sciogliere il licoli (o altro lievito scelto)  nell'acqua ed aggiungere la farina.
Trasferire in una ciotola a chiusura ermetica e lasciare lievitare a temperatura ambiente per 12-18 ore (in estate saranno sufficienti anche 6-8 ore).
*Come già specificato in questo post, (nelle "notizie in più"),  la biga non va lavorata troppo ma giusto il tempo per far legare il composto e senza allisciarlo troppo.

Prepariamo l'impasto.
Il giorno dopo riprendere la biga, metterla nella ciotola della planetaria, aggiungere prima i 100 grammi di acqua previsti per l’impasto, poi la farina e portare ad incordatura, unendo quasi alla fine il sale.
Per chi come me impasta a mano ottenere la stessa incordatura con la tecnica dello  slap&fold.
Terminato di impastare, avvolgere a palla e lasciare riposare per circa 30′.

Trascorso questo tempo, fare un primo giro di "pieghe a libro" per 3 volte con distanza di mezz'ora l’una dall'altra. Terminato l'ultimo giro di pieghe lasciare  riposare l’impasto per un’ora, coprendolo con una ciotola e poi procedere con la formatura scelta (io stavolta ho scelto la pagnotta procedendo come da foto).
Mettere a lievitare in un cestino (rivestito da un canovaccio pulito) con la chiusura rivolta verso l’alto, per circa 2-3 ore, o comunque fino al raddoppio.
Accendere il forno a 220°C  posizionando sulla griglia più bassa una teglia di quelle in dotazione del forno stesso in modo da farla arroventare.
Raggiunta la temperatura, ribaltare il pane su un'apposita paletta (o su un tagliere) precedentemente infarinata con semola o con farina finissima di mais; inumidirsi la mano ed accarezzare delicatamente la superficie della pagnotta; praticare tagli decorativi (se si vuole) ed infornare facendo scivolare il pane sulla teglia rovente.
Lasciar cuocere i primi 20 minuti a 220°, poi abbassare la temperatura a 200° e proseguire la cottura per altri 25 minuti, avendo cura di mettere il forno in "modalità fessura" negli ultimi 10.
Inebriatevi con il profumo e lasciare che il pane raffreddi in posizione verticale prima di affondare coltello e denti!
Sì dai, ce la potete fare... :-)))))))))
Buon pane! 



Nelle varie letture e ricerche mi sono imbattuta anche in questi versi e che lascio qui con l'intento di tornare a leggerli ogni volta che smarrisco la strada...

Abbiamo bisogno di contadini, di poeti,
di gente che sa fare il pane, 
di gente che ama gli alberi e sa riconoscere il vento.

Più che dell'anno della crescita 
ci vorrebbe l'anno dell'Attenzione.
Attenzione al sole che sorge e che tramonta.
Attenzione ai ragazzi che crescono.
Attenzione a chi cade.
Attenzione anche ad un semplice lampione
e ad un muro scrostato.

Oggi, essere rivoluzionari significa questo.
Togliere anziché aggiungere.
Rallentare anziché accelerare.
Dare valore al silenzio, 
al buio, 
alla luce,
alla fragilità, 
alla dolcezza.
  (Franco Arminio da "geografia commossa dell'Italia interna")




Con questo ricetta partecipo a Panissimo#43,
la raccolta mensile di lievitati dolci e salati ideata da Sandra di Sono io, Sandra
e da Barbara, di Bread & Companatico
questo mese ospitata da I pasticci di Terry







Raggi di sole: portatori sani di dolcezza, di sesamo, fiocchi d'avena, uvetta, miele e baci!

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Un bacio accompagnato da un raggio di sole! (Maria Teresa/M.T./Emmettì)

Non ti nascondo che il tuo commento ha regalato un raggio di sole in più alla giornata di oggi! :-)))) (MT)

Mi prendo il tuo abbraccio e ricambio con un raggio di sole pieno di baci! (Sempre lei, MT)

Ti mando un raggio di sole lungo da qui a lì, insieme al mio buongiorno! (MT)

Qui un raggio di sole ha fatto capolino da dietro una nuvola... Non posso tenerlo tutto per me!!!
Ve lo lancio intanto perché possa arrivarvi insieme al mio abbraccio! (MT)

Arrivato mia dolce Emmettì! Colpita e affiondata (sul divano a sgranocchiare bioscotti)! Te ne rilancio uno carpiato con doppio salto vitale in avanti! Però non garantisco sulla mira eh :)

Ecco, quando faccio questi biscotti meravigliosi e solari, non posso che pensare a lei! La nostra adorata Maria Teresa alias Emmettì, campionessa mondiale di lancio del raggio! La persona più solare che conosca, lei è la parte luminosa di questo blog, io sono unabbestia, invece,  ottimista pentita, cinica abbestia appunto:)))) 
Per fortuna ridiamo, e tanto! 
E cuciniamo, altrettanto tanto.

La ricetta di questi ricchi biscotti è stata una delle tante rubate a Piero, il vicino di blog più derubato dal Condominio! È una sua ricetta, la clonazione perfettamente riuscita dell'originale di Il mondo di Laura.
E così quando faccio i Raggi di Sole penso sempre ad Emmettì ed al nostro Cupido del web (grazie a lui ci siamo incontrate noi tre svalvolate) Piero, che ringrazio per questa ricetta, e per tutte le altre.

I biscotti sono davvero straordinari, così ricchi di fiocchi d'avena, uvetta, miele e sesamo. Io poi ve li propongo anche nella versione con olio e.v.o. per un effetto total rustic! (scusa Piero, è l'unica virgola che ho cambiato!)



RICETTA

☀ ☀ ☀ Raggi di sole ☀ ☀ 


Ingredienti (per non so quanti biscotti, dimentico sempre di contare!)

340 g di farina (io preferisco una 0 o tipo 1)
clicca per ingrandire
120 g di olio e.v.o. delicato (oppure 180g di Burro)
180g di zucchero di canna tipo Muscovado*
100 g di fiocchi di avena (o fiocchi di cereali misti)
100 g di uvetta sultanina (possibilmente di piccola taglia)
    1 uovo
    1 tuorlo
    1 cucchiaino di miele
    2 g  di bicarbonato*
    5 g  di lievito in polvere
Semi di vaniglia (o estratto)
Zeste di un limone (facoltative)
Pizzico di sale
Sesamo qb

* vedi sezione DI PERTINENZA


Procedimento:

Setacciare farina, lievito e bicarbonato.
Dare un colpo di cutter ai fiocchi di avena, tritarli grossolanamente.
Ammollare l'uvetta in acqua tiepida (o acqua e rum se si preferisce) finché non si sia ammorbidita.
Poi scolarla, strizzarla e, se l'uvetta è troppo grossa, tritarla grossolanamente al coltello.
Lavorate il burro (o l'olio) con lo zucchero, fino ad ottenere una bella cremina. Unite poi le uova e il miele.
Mescolare le polveri, i fiocchi d'avena, l'uvetta, la vaniglia, le zeste di limone, il sale.
Unire tutto e lavorare per pochi minuti.
Formare un panetto, avvolgerlo nella pellicola e far riposare in frigorifero almeno 3 ore.
Mettete a tostare il sesamo in un padellino a fuoco dolcissimo e per pochi minuti.
Formare delle palline, appiattirle e passarle, solo da un lato, sui semi di sesamo.
Disporre i biscotti su una leccarda ricoperta di carta forno.
Cuocere in forno statico a  180° (o 160° ventilato)  per 15/20 minuti, devono scurirsi leggermente.
Far raffreddare su una gratella.

I raggi di sole sono pronti per... essere lanciati! In bocca ovviamente!

(mail di Emmettì oggi: Buon giorno stellissime! Qui oggi sole meraviglioso! Vi sparo il mio solito raggio insieme ad un bacio grande!)




DI PERTINENZA


Bicarbonato:
Il bicarbonato di sodio nelle ricette dolci serve soprattutto a dare fragranza. È molto utile, per esempio, nella preparazione dei biscotti e della pasta frolla. Ne basta una punta.
A volte c’è un po’ di confusione e si ritiene che il bicarbonato di sodio, da solo, possa essere utilizzato come agente lievitante nelle ricette di torte. Non è così, da solo gnaaaafa, a meno che non lo si usi insieme al cremor tartaro o a un altro ingrediente acido (il limone, per esempio). La lievitazione è infatti una reazione chimica dovuta allo sviluppo di anidride carbonica che viene intrappolata all’interno del composto; si creano così sacche di aria che lo fanno lievitare, ossia lo gonfiano.

Zucchero muscovado detto anche mascobado (o maschiobaldo, in tamarese):
Da quando ho scoperto lo zucchero maschiobaldo muscovado, non lo mollo più. Ha un sapore particolarissimo di melassa e il profumo di liquirizia.

è un tipo di zucchero scuro (di canna) non raffinato, direi proprio grezzo, originario delle Filippine. Conosciuto anche come “zucchero delle Barbados” (saranno contenti i filippini) o “zucchero umido”, lo zucchero muscovado è molto scuro e leggermente più granuloso e appiccicoso rispetto alla maggioranza degli zuccheri di canna. Il muscovado eredita il suo sapore e il suo colore dal prodotto da cui deriva, il succo di canna da zucchero.

La sua caratteristica principale è quella di essere leggermente umido, molto scuro e dall’aroma intenso che, come dicevo, ricorda il sapore della liquirizia. Questo tipo di zucchero integrale subisce pochissime lavorazioni: per ottenerlo i maschibaldi filippini (o delle barbados???) premono le canne per far sì che si concentri lo zucchero, facendo evaporare l’acqua e utilizzando come combustibile gli stessi residui della canna. In questo modo lo zucchero mascobado, oltre a essere meno trattato, trattiene molti più principi nutritivi che, invece, vengono perduti nella raffinazione dello zucchero bianco.

Che fine facciano i maschibaldi dopo tutte ste operazioni, non ci è dato sapere.
L'unica cosa che so è che nei Raggi di Sole ci va proprio lo zucchero muscovado/mascobado/zuccherodelleBarbados proveniente dalle Filippine!

Tamara





CINICAmente

cliccare sulle immagini per ingrandire il cinismo








Vi amo!

Tam


vignette di Amori Sfigati

Di confetture e metodi rivoluzionari! Susine e cannella.

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Folgorata!!! Ecco, è questa la parola giusta per descrivere come son rimasta quando ho prelevato la ciotola dal microonde ed ho visto il risultato!
Da quando Tam aveva riservato in anteprima a noi socieIL SUOmetodo di fare marmellate al microonde, mi ero promessa di provarlo, ma poi ogni volta mi trovavo con decine e decine di chili di frutta da dover smaltire e la soluzione microonde l'ho sempre scartata.
Due domeniche fa, invece, guardo il cestino della frutta e noto che è pieno di susine al punto giusto di maturazione per essere consumate. Un'occhiata all'orologio, due velocissimi conti e non ho aspettato un attimo in più: le susine erano già finite nel lavandino per il lavaggio e la bilancia già pronta per i pesi! ;-)

Dopo 20 minuti ero lì imbambolata a guardare dentro la ciotola in quale meraviglia si erano trasformate quelle susine! Con una cucchiarella di legno ero lì che giravo, guardavo, annusavo, fino a che sento qualcuno che mi dice:
"Oh, ma la marmellata non va invasata quando è ancora bollente???"
"Urca, è vero!! Dai, corri! Vammi a prendere i barattoli invece di stare lì a guardarmi!!!"
"..."

Ecco, sono certa che se non fossi stata "svegliata" da quell'imbambolamento, ero ancora lì a guardare la confettura di susine, io!!!
E voi cosa aspettate a provare?
Questa dovete farla!!! Non solo non ve ne pentirete, ma rimarrete entusiasti anche voi della bontà e della velocità di preparazione.
La sto raccontando a chiunque la storia di questa confettura (anche ad una signora in fila alla cassa del supermercato che parlava con una sua amica dicendo che lei le marmellate non le sa fare...); potevo non condividerla con voi??????? :-DDDDDDDDD

Unica raccomandazione: affinché la confettura o marmellata che dir si voglia (ve la ricordate tutta la tiritera scritta qui?) venga saporita, cioè che sappia di frutta è che la frutta, appunto, sia matura!
Le varietà di susine indicate in questa ricetta, si trovano sui banchi di mercati e supermercati fino a tutto novembre! Se al momento dell'acquisto si presentano ancora con la buccia bella lucida e turgida e molto sode al tatto, aspettare qualche giorno e lasciarle maturare un pochino (magari mettendole vicino a delle mele o banane), poi procedere con la preparazione. Il punto giusto di maturazione è quando la polpa delle susine inizia a colorarsi di rosso.
Dai, fatemi contenta e correte a comperarne anche solo mezzo chilo! :-))

Direttamente dal metodo di Tam, ecco la mia confettura di susine!
Troppo felice io! :-)))))))))))




(clicca per ingrandire)
INGREDIENTI: (per due vasetti da 250 g)

- 500 g di susine (varietà Angelenooppure Settembrina)
- 250 g di zucchero (anche di canna se preferite)
- il succo di un limone piccolo
- cannella q.b. (minimo la punta di un cucchiaino)



(clicca per ingrandire)
Tagliare le susine in piccoli pezzi e versarli  in una ciotola a bordi alti e adatta per le cotture al microonde, aggiungere lo zucchero, il succo di limone e mescolare velocemente con un cucchiaio giusto per amalgamare gli ingredienti.
Mettere la ciotola nel micro e cuocere alla massima temperatura per dieci minuti.
Estrarre la ciotola e, se vi aggrada,  dare una frullatina  col minipimer fino ad ottenere la consistenza desiderata (con la frutta è matura questa operazione può essere tranquillamente saltata); aggiungere la cannella, mescolare nuovamente e cuocere per altri dieci minuti.
Trascorsi questi ultimi dieci, estrarre di nuovo la ciotola ed invasare subito (ma subito eh???) la confettura in barattoli di vetro precedentemente sterilizzati (**) e lasciando solo ½ centimetro dal bordo. Chiudere con il tappo ma non capovolgere il barattolo.
Il sottovuoto si formerà lo stesso. Provato e garantito!!!!!! 

Visto? Avete già finito! E guardate che risultato!!!! No dico...



Consiglio: consumare la confettura dopo almeno una quindicina di giorni.
In questo tempo, lo zucchero continuerà a "caramellizzare" la frutta esaltandone il sapore.
Conservare al fresco ed al riparo dalla luce per mantenere intatto il bellissimo colore di questa preparazione.



Altra cosa di questa marmellata.
È fotogenica lei!
Ci sono piatti che non amano essere fotografati (tipo la carne, ecco la carne è proprio difettosa all'obiettivo), altri così e così e poi ci sono quelli proprio vanitosi che non smetteresti mai di fotografare!
Ecco, la confettura di susine è proprio vanitosa, si mette lì tutta spavalda e sicura della sua bellezza che sembra guardarti e dirti:
"forza! Cosa aspetti a fare click? Guarda, cambio anche posa adesso! E sopra ad una bella fetta biscottata non vuoi immortalarmi? E nei vasetti da regalare?"
Oh mamma quante storie!!!
Insomma, ho scattato tante di quelle foto che scegliere quelle da mettere in questo post è stata la cosa più faticosa di tutto lavoro...
E voi adesso ve le subite!
'A prossima vorta moooooooooo cionco quer dito!!! :-DDDDDDDDDD



(**)Come si sterilizzano barattoli e tappi?
Per questo tipo di preparazione suggerisco la sterilizzazione in forno.
Per sterilizzare i vasetti in forno occorre portarlo ad una temperatura di 100°, mettere i vasetti puliti in una teglia ed infornarli per 5 minuti.
Passato questo tempo, spegnere e lasciare i vasetti a raffreddarsi nel forno chiuso, aggiungendo anche i coperchi.
I vasetti sterilizzati devono essere utilizzati subito dopo il processo di sterilizzazione e man mano che si raffreddano, poiché se restano all'aria aperta la sterilizzazione perderà la sua efficacia.

Per riempire i vasetti appena sterilizzati, inoltre, bisogna evitare che si raffreddino troppo per non creare uno shock termico tra la temperatura del vetro e quella della conserva appena preparata.
Il tempo che la confettura sarà pronta, lo saranno anche i vasetti alla temperatura giusta.
Non vi pare una meravigliosa coincidenza anche questa? :-DDDDDDDD




CURIOSITA': SUSINE O PRUGNE?

I termini susina e prugna vengono molto spesso considerati come sinonimi, ma in realtà esistono alcune differenze.
Più propriamente dovremmo indicare con prugna il frutto dei susini europei, mentre con susina quello dei susini cino-giapponesi.
Un’altra inesattezza piuttosto comune è quella di indicare con il termine susina il frutto fresco e con prugna il frutto essiccato (in realtà secche vengono fatte le prugne e mai le susine perché più' acquose e meno saporite).
Si tratta comunque di errori di scarsa rilevanza legati essenzialmente alla notevole somiglianza che esiste tra i frutti delle varie specie di susino che sono particolarmente numerose.

APPROFONDIMENTI: PREPARAZIONI ALIMENTARI FATTE IN CASA

Se volete approfondire i metodi per la corretta preparazione delle conserve alimentari in ambito domestico, il Ministero della Salute e l'Istituto Superiore di Sanità hanno messo a disposizione delle interessantissime linee guida consultabili QUI. Buona lettura! :-))

Ora vi offro una fetta biscottata spalmata con un generoso cucchiaino di questa confettura per farmi perdonare delle tante chiacchiere...
Buon proseguimento di settimana!!
M.T.


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Siate lieti, sempre!

I biscotti della Pepi. L'incontro tra leggerezza e bontà!

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Dopo il pane (ma credo ve ne siate accorti) la preparazione che mi affascina di più è quella dei biscotti!
Non passa settimana senza che non provi almeno una ricetta.
Quando vidi questida Stefania, rimasi subito colpita dagli ingredienti: niente uova, niente burro, poco zucchero e tante farine speciali; così in una piovosa domenica pomeriggio dello scorso anno decisi di farli. E da allora, tante e tante volte li ho rifatti, mangiati, regalati, confezionati caruccicarucci per raccolte di beneficenza; tutte le volte hanno riscosso particolare successo e quasi sempre ho poi dovuto scrivere anche la ricetta! :-))))))
È arrivato il momento di rendere onore a questi biscotti facendoli arrivare qui, nella cucina condominiale, per condividerli con le mie socie e con i nostri lettori!

Ricchi di farine preziose, e poveri di grassi sono l'ideale per la colazione (perfetti da inzuppare), la merenda, lo spuntino di metà pomeriggio e, perché no, anche per un dopo cena accompagnati da un goccino-ino di rum!
Mmmmmmmhhhhhhhh, accoppiata vincente!!!!  ;-)

Ho fatto qualche modifica alla ricetta originale, e cambiate le proporzioni tra i vari tipi di farina, per fare in modo che l'impasto potesse stendersi ed essere coppato con un tagliabiscotti.
Eccolo qua.
Un biscotto imperfetto nella forma, con la superficie rugosa e i bordi frastagliati,  ma che vi conquisterà al primo morso e son certa che anche voi li rifarete ancora e ancora! :-))))))))



INGREDIENTI: (per circa 40 biscotti da 5 cm di diametro)

90 g di crusca d'avena
20 g di farina integrale
40 g di farina ai cinque cereali
40 g di farina 0
60 g di farina "soffio di mais"(farina di mais macinata sottilissima)
15 g di cacao amaro in polvere
110 g di zucchero di canna integrale
100 g di cioccolato fondente al 60%  (tritato finemente a coltello)
60 g di olio d'oliva o di riso
50 g di  latte
1 cucchiaino di lievito per dolci
½ punta di cucchiaino di bicarbonato d'ammonio
1 buccia di arancia grattugiata  

Creare un'emulsione di olio e zucchero utilizzando un frullatore ad immersione.
(clicca per ingrandire)
Unire tutti gli altri ingredienti in una ciotola, tranne il latte, mescolare con una frusta a mano e formare una fontana; versare al centro l'emulsione e due cucchiai di latte; con una forchetta iniziare ad incorporare la miscela di farine, aggiungendo il latte rimanente poco per volta.
Rovesciare l'impasto su un piano di lavoro e formare una palla; avvolgere con pellicola e lasciare riposare in frigo per un paio d'ore, dopo di che, con l'aiuto di un mattarello, stenderlo ad uno spessore di 3-4 mm e ritagliare i biscotti con una forma a scelta.
Se l'impasto è troppo umido o tende ad appiccicare al mattarello, aiutarsi con della farina di riso, cospargendola sul piano di lavoro.
Tagliare i biscotti con una formina, disporli su una teglia previamente ricoperta con carta forno e cuocere a 170°c per circa 15-20 minuti. Mano a mano che vengono pronti lasciarli raffreddare su una gratella e, una volta freddi, conservarli in sacchetti ben chiusi per mantenere intatte croccantezza e fragranza.


Voilà!  Ed anche stavolta i biscotti son pronti! :-)))))
E per voi? Qual'è il momento migliore per sgranocchiare un biscotto?



CURIOSITA': LA CRUSCA D'AVENA

La crusca di avena, come tutte le crusche di cereali, non è altro che il rivestimento del chicco, quello che in genere si tende a scartare per avere una farina più sottile e destinata a certi tipi di preparazione.
Spesso però dimentichiamo che questo rivestimento, in realtà, è la parte più pregiata in quanto ricca di preziosi nutrienti, quali fibre e sali minerali e vitamine che non dovrebbero mai mancare nella nostra alimentazione.
Se volete approfondire l'argomento, qui e qui ci sono spunti e notizie dettagliate! ;-)
A presto!
M.t.


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Macarons di Ladurée, i maccaroni de noantri

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Si avvicina Natale, si fanno i panettoni, si consumano tanti tuorli e gli albumi? Con gli albumi ci facciamo i macarons! I dolcetti francesi famosi in tutto il mondo, scic verinais e...
ma un attimo, dice che è un dolcetto francese, difatti i francesi  tengono moltissimo ad accreditarsene la paternità. Ma siamo sicuri sicuri?
- Il suo nome deriva dall'italiano maccarone, forma dialettale di maccherone (in lingua salentina maccarrune*).
- Fu commissionato da Caterina de' Medici (figlia del fiorentino Lorenzo) che, nota per non essere proprio una Belen di primo pelo ma golosissima e furba come una volpe, pensò bene di conquistare il marito con l'arte culinaria (da leggere tuttattaccato)  prendendolo per la gola (per l'occhio invece poi lo prese un tal Gabriele).
- Lo ha inventato un pasticciere italiano sconosciuto. Anzi, io immagino sia stata una pasticciera salentina, che voleva preparare i baci di dama ma per  errore (come è noto le ricette non si inventano, si sbagliano!) fece i baci di maccarrune*.
Quindi, miei cari cugini francesi, la maternità di questo dolcetto è senza dubbio italiana. Senza dubbio! Come si dice: la madre è certa, il padre...

Che poi,  inventati da un italiano per una italiana (sia pure regina), dei semplici baci di maccaroni, arrivano in Francia e i francesi che fanno? Li creano negli atelier, li colorano, li agghindano con la coroncina  e li vendono nelle gioiellerie al prezzo corrente dei diamanti (non mi credete? andate a Parigi e per mangiarvi una decina di macarons dovrete stipulare un mutuo)... et voilà, i maccarruni diventano macaròn, da pronunciare col nasino all'insù.
Ecco la storia dei maccaroni (versione tamaresca, ovviamente)!

E quella di seguito è la ricetta che vi propongo, una delle tante della famosissima maison Ladurée.
Per le farciture invece ho rubato a Felder, una, sorprendente, al limone e basilico ed una classica al cioccolato aromatizzato al caffè e latte di mandorla, entrambe ottime per concludere un pranzo o per accompagnare il tè o il caffè delle 5.

Per gli approfondimenti, come sempre, rivolgersi al piano di sotto, quello DI PERTINENZA.

* maccarrune: si dice di tipo di pasta o, più comunemente, di persona poco sveglia (ma sì propriu nu maccarrune!)



RICETTA 


Imacaronsdi Ladurée


Ingredienti per circa 65 macarons  (45)

275 (185)g di mandorle polverizzate
250 (170) g di zucchero a velo
210 (140) g di albumi  (vecchi di 2 o 3 giorni)
210 (140) g di zucchero semolato
1/2 cucchiaino di colorante in polvere (o in gel)



Preparazione

Versare in un mixer le mandorle polverizzate e lo zucchero a velo in modo da ottenere una polvere finissima e setacciarla in una ciotola.


Montare 190 g di albumi a neve, aggiungendo lo zucchero semolato in tre volte, così che si sciolga per bene.  Gli albumi dovranno essere montati a neve ma non fermissima. Cioè non dovranno tagliarsi col coltello, per intenderci.

Con una spatola, muovendo dal basso verso l'alto, incorporare la miscela di farina di mandorle e
zucchero a velo, aggiungere i restanti 20 g di albume per smontare leggermente l'impasto. Se si desidera ottenere macarons con colori diversi, dividerli in più ciotole, aggiungere il colorante e continuare a mescolare fino a quando il colore sarà perfettamente omogeneo.
In ogni caso, l'impasto sarà pronto quando si staccherà dalla spatola formando un nastro.
In francese maccaronico questa fase è detta macaronage.
Clicca per ingrandire

Se non si possiede un tappetino apposito, rivestire una teglia o la leccarda con carta forno*, formare dei piccoli dischi da 3 a 4 cm di diametro con una tasca da pasticciere con una bocchetta liscia da 10 (1 cm). Per ottenere dischi perfetti, posizionarsi al centro del cerchio a pochi millimetri dalla base, premere mantenendo ferma la bocchetta, e aspettare che si formi il disco. Io conto fino a 5, poi tiro su e velocemente passo al dischetto successivo. 1-2-3-4-5 e via!
In Questo video, al minuto 4:00, si vede meglio di quanto sia riuscita a dire.
* Vedi sezione "di pertinenza" per avere dischi perfetti.

Sbatteresenza paura la teglia sul  piano di lavoro in modo che i macarons finiscano di assestarsi e si appiattiscano perdendo l'eventuale punta.

Lasciar riposare i macarons fino a quando in superficie non si formi una sorta di pelle che al tatto non si appiccica. Il tempo può variare a seconda del tempo che fa, più è umido e più tempo occorrerà perché i macaron siano pronti. Diciamo mediamente per un'ora circa a temperatura ambiente prima di  infornarli in forno preriscaldato a 150 gradi. Questo passaggio cruciale in maccaronese è detto croûtage

Infornare a 150 gradi e cuocere per 15/20 minuti avendo cura, a metà cottura,  di aprire il portello del forno per qualche secondo onde far uscire il vapore. (ho detto proprio onde?!).

Far raffreddare i macarons su un piano di marmo o comunque togliere subito il tappetino o la carta forno dalla leccarda per facilitare il distacco dei dischetti. Eventualmente aiutarsi con una spatolina.

Intanto che i macarons croutaggiano, preparare le farciture.



Farciture

Dosi per tutti i macarons, se si desidera farcirne metà con una e metà con l'altra, come ho fatto io, dividere le dosi per il numero di farciture che si useranno. In blu le mie variazioni.


Ganache au chocolat (di C. Felder) al caffè e latte di mandorla
Ingredienti:
170 g di cioccolato fondente al 60%
140 g di panna calda
30 g di burro
1 cucchiaino di zucchero
3 cucchiaini di caffè solubile
q.b. latte di mandorla (2 o 3 cucchiai)

Portare ad ebollizione la panna, aggiungervi lo zucchero e il caffè. Far fondere il cioccolato e aggiungere la panna lavorando con una spatola in gomma con movimenti circolari. Aggiungere il burro a piccoli pezzi e il latte di mandorla e mescolare fino a quando non si ottiene una crema liscia e omogenea. Far freddare e montare con le fruste.
Questa ganache può essere profumata, oltre che col caffè, anche con peperoncino, cannella, vaniglia, cardamomo, rum, Cointreau ecc.

Ganache al limone e basilico (di C.Felder)
Ingredienti:
  90 g d’uova
  90 g di zucchero semolato
  85 g di succo di limone
120 g di burro
  20 g di farina di mandorle
 10 foglie di basilico di medie dimensioni
1/2 foglio di colla di pesce in fogli da 2 g

Far idratare la gelatina in acqua fredda. Mettere le uova in una ciotola e aggiungere lo zucchero. Rimescolare con una frusta ed incorporare il succo dei limoni, prima filtrato. Far scaldare la crema su fuoco medio sempre rimescolando e aggiungere 5 foglie di basilico stracciate con le mani. Far cuocere finché la crema diventa spessa. Quindi, aggiungere la gelatina e passare tutto al setaccio.  
Versare la crema sulla ciotola contente il burro a pezzetti, e rimescolare bene fino a quando non sia sciolto, aggiungere le 5 foglie di basilico rimaste e frullare con un mixer ad immersione per circa 1 minuto. Incorporare la farina di mandorle e porre la crema in frigo per almeno due ore.



Montaggio

Una volta freddati i gusci, accoppiarli secondo le misure e la forma, perché siano perfettamente combacianti, posizionarli uno accanto all'altro capovolti  con la parte piatta in alto e, con la saccaposcia, versare la ganache su un guscio di ogni coppia formando una cupoletta.
Poi prendere il guscio senza ripieno e appoggiarlo sull'altro, premendo leggermente fino a quando il ripieno non arriva verso i bordi.
Una volta effettuato il montaggio, far riposare i macarons in frigorifero per una giornata. Questo serve a far ammorbidire le parti interne dei gusci grazie all'umidità dei ripieni: i macarons devono avere croccante solo la superficie esterna, il resto dei gusci deve essere morbido.

Si conservano in frigorifero in un contenitore ermetico.
Si portano alla bocca col mignolino alzato (ricordiamoci che grazie al  macaron Caterina diventò regina!).




DI PERTINENZA, di trucchi & di segreti


Croccanti fuori, morbidi dentro, rudi dal cuore tenero, perché i macarons siano perfetti occorre, come sempre, conoscere qualche trucco, osservare qualche regola e svelare qualche segreto.

  Utilizzare solo albumi invecchiati , isolati almeno 2 giorni prima dell'uso e conservati in frigo in un bicchiere avvolto nella pellicola trasparente. Poi, si lasciano a temperatura ambiente 6 ore prima di cominciare. Oppure, congelarli (comodo quando avanzano da ricette che richiedono solo tuorli) e poi decongelarli a temperatura ambiente. I risultati migliori li ho ottenuti proprio da albumi congelati.

Consiglio vivamente di seguire questo consiglio, il risultato finale ne gioverà, l'invecchiamento degli albumi fa sì che l' evaporazione parziale dell' acqua aumenti la concentrazione di proteine; l' albume col passare del tempo muterà il suo PH diventando più alcalino,  tale acidità permetterà alle proteine di avvicinarsi, riducendo il volume delle bolle d' aria inglobate in fase di montatura, rallentando così la coagulazione e aumentando però la stabilità della meringa.
(Minchia, non potevamo dire solo che si usano, punto e basta????? come quando tuo figlio ti chiede: "Perché devo farlo?" Perché te lo dico io, che sono tua madre! Ecco, in sintesi, usate gli albumi invecchiati perché sono vostra madre!)

Clicca per ingrandire
Se non si posseggono i tappetini appositi si può ovviare all'ansia da circolazione (inteso come:
ansia da come minchia si fanno gusci circolari tutti uguali a distanza tutta uguale con altezza tutta uguale?) con un piccolo trucco: si stampano diversi fogli da uno dei link seguenti a scelta (sono misure diverse)
Macaron 3,5 cm 
Macaron 4 cm
Si posizionano sulla leccarda, vi si poggia sopra un foglio di carta forno che essendo trasparente farà intravedere i cerchi sotto, e si procede con la formatura. Prima di infornare delicatamente si sfileranno i fogli stampati da sotto. Et voilà le jeux sont fait!

 Il croutage (ricordate? l'attesa tra il momento della formatura e quello della infornatura) è fondamentale perché la superficie non si crepi e, soprattutto, perché si formi la collerette, la coroncina zigrinata alla base del macaron. Quindi non saltate questa fase.
Se non c'è la corona, allora non avete fatto il maccarone, sappiatelo!
 Perché è fondamentale? Perché lo dico io, che sono vostra madre!

No, vabbè, lo dice Teonzo ma copio incollo:
Il croutage si può considerare come parte del processo di cottura perché influisce su quel risultato. Il croutage consiste nel far riposare i macarons fino a quando si crea una crosta sulla superficie. Per controllare dovete appoggiare un dito sulla superficie di un macaron: se è appiccicosa allora bisogna aspettare ancora; se la superficie non è appiccicosa ma è ancora molto molle allora ci si sta avvicinando ma bisogna aspettare; se la superficie non è appiccicosa e si lascia un po' di impronta del dito allora il croutage è corretto; se la superficie è dura ed oppone molta resistenza per lasciare un'impronta del dito allora il croutage è eccessivo. Non ci sono tempi precisi di durata del croutage, dipende principalmente dalla temperatura e dall'umidità dell'ambiente, ma anche da alcune caratteristiche del composto (fluidità dello stesso, quanto si era montata la meringa, altro). Si può passare da 30 minuti fino anche a 12 ore nei casi più estremi. Quindi dovete tenere conto di questo quando vi organizzate nella preparazione dei macaron.

 Nel caso si preparino macaron in quantità si possono conservare senza problemi in congelatore per un paio di settimane. Si faranno poi scongelare in frigorifero, facendoli riposare una giornata prima di consumarli.

 Come si è abbondantemente capito, il dolcino è a base di meringa. E, ovviamente, ci sono due scuole di pensiero al riguardo: meglio la meringa francese o la meringa italiana?

Eh no, a sto giro PASSO!

Au revoir!

Tamara



GOLOSAmente 

Che dire, Gozzano mi vide insieme alle amiche che ci strafogavamo che suggevamo golosamente la punta estrema di paste, pasticcini e maccaroni ma niente, la crema usciva da tutte le parti. Si sentì ispirato...

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.
Signore e signorine -
le dita senza guanto -
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine!
Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.
C’è quella che s’informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta e forma.

immagine: Hilda di Duane Bryers
L’una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.
un’altra – il dolce crebbe -
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!
Un’altra, con bell’arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall’altra parte!
L’una, senz’abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare
sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D’Annunzio.
Fra questi aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,
di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! le signore come
ritornano bambine!
Perché non m’è concesso -
o legge inopportuna! -
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,
o belle bocche intatte
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.


(“Le golose” Guido Gozzano)


D'ora innanzi, chiamatemi Tamhilda!


Link d'ispirazione:
https://www.youtube.com/watch?v=0JeTgZGt-p8
http://www.patisserie-traditionnelle.com/pasticceria-professionale/lezioni-e-corsi/lezione-macarons/
http://www.coquinaria.it/forum/forum/i-forum-di-coquinaria/inauguriamo-il-futuro/79959-ripieni-per-macaron
http://www.teonzo.com/2012/04/19/macaron-spiegazioni-generali/

Torta lievitata dolce e salata per Pure Stagioni

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Ogni volta che sul cellulare o sul pc mi appare la notifica dell'arrivo di una nuova mail, mi precipito a leggere con la certezza, quasi matematica, che sia uno delle decine e decine di messaggi che scambiamo quotidianamente con le mie socie.
E difatti.
Rulli di tamburi, squilli di trombe: c'è un contest a cui siamo state invitate a partecipare!! 
Ed è un contest che ci piace subito, in quanto c'è da preparare un lievitato, e per di più un lievitato farcito! Un invito a nozze praticamente!!
Io e le mie socie convochiamo subito un'assemblea straordinaria di Condominio per iniziare a pensare cosa preparare per l'occasione. Appuntamento al dopo cena dello stesso giorno, per tutte e tre, ognuna dal proprio pc. 
Viene discusso subito il primo punto all'ordine del giorno: chi di noi tre scriverà il post e proverà la ricetta?
"Ambarabaccicciccoccò tre galline sul comò..."  (e difatti noi proprio tre siamo)!
Di nuovo rullo di tamburi e... Silviaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa vince la conta! :-))))
Da quel momento, e fino a qualche giorno fa, lo scambio di mail è stato stratosferico.


La partecipazione al contest mi permette di conoscere un'azienda, tutta italiana, "Pure Stagioni" che produce confetture di ottima qualità e, per l'occasione, mi viene recapitato un kit di assaggio da utilizzare proprio nella ricetta.

Ed eccola qua. 
Una torta lievitata che ha come base un sofficissimo impasto brioche e una farcitura che può essere sia dolce che salata!
Voi quale scegliete??
Noi, ovviamente, tutte e due!!!!





INGREDIENTI e dosi per 2 stampi da Ø 17 cm alti 6 oppure 1 da Ø 30

480 g di farina media forza tipo 0
clicca per ingrandire
240 g di lievito naturale liquido (li.co.li)*
280 g di latte intero
  90 g di strutto
  40 g di zucchero
  10 g di sale
  10 g di olio (1 cucchiaio)

*dosi se si vuole usare lievito naturale solido (pasta madre). 
440 g di farina
280 g di latte

*dosi se si vuole usare lievito di birra fresco (con lievitino)
600 g di farina
300 g di latte
  80 g di acqua
    8 g di lievito di birra fresco

prelevare, dal totale degli ingredienti
300 g di latte, scioglierci il lievito di birra e aggiungere 300 g di farina amalgamare e porre a lievitare coperto. Non appena cominciano a formarsi delle fossette di cedimento (vedere qui) il lievitino è pronto. Procedere con l'impasto come di seguito.

Il passaggio in frigo per l'impasto con il lievito di birra è consigliabile per ottenere un ottimo sapore.

TEMPI DI LIEVITAZIONE


Difficili da indicare. Considerare 5/6 ore anche se si sceglie il lievito di birra perché si devono includere anche i tempi del lievitino. 
Ho usato una dose considerevole di lievito naturale proprio per poter accorciare i lunghi tempi della lievitazione naturale in inverno.

PROCEDIMENTO 
Nella ciotola della planetaria sciogliere il licoli con il latte, inserire la quantità di farina fino a che la massa prende consistenza e aggiungere lo zucchero in due volte ed infine il sale. 

Quando la massa risulterà incordata e liscia inserire lo strutto poco alla volta, facendo sempre attenzione a non perdere l'incordatura; per ultimo aggiungere lentamente il cucchiaio di olio. 

Ungere una ciotola e adagiarci l'impasto pronto coperto da pellicola e porlo a lievitare. 

Capovolgere sul piano di lavoro e suddividere la massa in due pezzi da 380 g circa e due da 160 g e arrotondare. Lasciar riposare coperti da pellicola per una mezz'oretta poi stendere il primo dei due panetti più grandi fino ad un diametro che comprenda il fondo + le pareti dello stampo + un po' in modo da far sbordare, nel mio caso 32 cm. 

Durante questa operazione mantenere sempre coperti gli altri panetti con telo e pellicola perché non secchino all'aria. 
Foderare lo stampo (teglia con cerchio apribile, o anello, precedentemente ben imburrato) fino a far sbordare la pasta e stendere uno strato di marmellata. 

Stendere il primo dei due panetti da 160 g per un diametro poco più grande dello stampo e copparlo a 14/15 cm Ø; posizionarlo nello stampo. e ancora un velo di marmellata.

 NON ripiegare i bordi ma tagliarli passando sopra il mattarello per togliere l'eccesso di pasta. 


Per il secondo stampo procedere come sopra.


Porre a lievitare coperto con sopra una campana o ciotola rovesciata oppure con un foglio di cellophane


A lievitazione avvenuta infornare (in precedenza si avrà avuto l'accortezza di accendere il forno per raggiungere la temperatura di 200°) 
10 minuti poi abbassare a 180° per altri 10. Ho cotto in modalità termo ventilata (funzione pasticceria). Il mio forno sbruciacchia parecchio perciò questa, per me, è la funzione migliore per una cottura ottimale. 





CONDIMENTI E FARCITURE

Ho optato per una farcitura salata e una dolce/salata insieme ma i modi di condirla sono svariati quindi date sfogo alla vostra fantasia ed ai vostri gusti. 
Qualche suggerimento?

Torta lievitata salata
verdure cotte (carciofi, cicorie, rape, spinaci ecc.) o crude (rucola,  menta, misticanza, spinacino ecc.); formaggi cremosi stagionati, come gorgonzola dolce, piccante o al mascarpone, taleggio, ricotta aromatizzata alle erbe o al naturale, oppure burrata come ho fatto io. 
Torta lievitata dolce
frutta fresca, cotta, speziata se piace; burrata anche qui o ricotta oppure quello che più incontra il vostro gusto. 



MEZZE SFERE
110 g di stracciata di burrata
  20 g di latte
  3.5 g gelatina (colla di pesce)
stampo mezze sfere da 3 cm in silicone o metallo antiaderente
             ≈
100 g di marmellata di cipolle
  15 g di acqua
    3 g di gelatina 

PERLE
30 g di marmellata di mirtillo
15 g di acqua
1 g di agar agar
1/2 l di olio di semi
Procedimento per le mezze sfere:
scaldare il latte  (45° circa) e scioglierci bene tutta la gelatina, poi con molta pazienza aggiungerci mezzo cucchiaio per volta la stracciata precedentemente tagliuzzata. Terminato il procedimento ungere pochissimo gli stampi e colarci la burrata. 

Per quelle con la marmellata di cipolle procedere come sopra.

Procedimento per le perle:
in un recipiente alto e stretto versare l'olio e metterlo in freezer per una mezz'oretta. L'olio deve essere freddissimo ma non denso.
Nel frattempo miscelare la marmellata di mirtillo con l'acqua indicata, passarla in un colino a maglie fitte e lasciar colare ancora un po' per recuperare più liquido possibile.

Nella miscela ottenuta sciogliere l'agar agar e portare a bollore per 1/2 minuti. Intiepidire, e prelevare il liquido con una siringa gigante oppure un contagocce, o anche un cucchiaino facendo calare le gocce nell'olio appena tolto dal freezer; lo shock termico le farà immediatamente coagulare e quando saranno arrivate sul fondo saranno pronte per essere scolate e sciacquate per eliminare l'olio. 

Conservare in frigorifero.

Questo impasto lo trovate in questo precedente post.

Le perle invece sono qui in questa meravigliosa realizzazione di Tamara.





Con questa ricetta partecipo alla raccola n. 45 di Panissimo, 
la raccolta di lievitati dolci e salati ideata da Sandra di Sono io, Sandra, 









Graham crackers: perché anche tra biscotti si può esser fratelli!

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Nonostante volessi pubblicare un'altra ricetta, quella di oggi molto prepotentemente, si è fatta avanti sgomitando a destra e sinistra pur di arrivare per prima e farsi scegliere!
No scusate, perché a voi le ricette non parlano?? :-DDDD
Lo so, lo so! Mi starete prendendo per scema e in realtà mica avete tutti i torti eh? ;-) ;-) ;-)
E poi, cosa significa che anche i biscotti possono essere fratelli?
Vi ricordate di questi?  Notate una certa somiglianza?
Ecco, i Graham crackers son loro fratelli!
Praticamente abbiamo quasi gli stessi ingredienti, che portano però ad un risultato diverso sia in termini di sapore che di croccantezza e friabilità.

Avevo sentito parlar di loro tante e tante volte, soprattutto quando mi imbattevo nella lettura di ricette riguardanti le cheesecakes (gli americani usano esclusivamente il Graham cracker per la base) e da sempre mi avevano incuriosito tanto per il loro nome (un biscotto "con il cognome") quanto  per il gusto che non riuscivo ad immaginare.
Quella stessa curiosità però non aveva mai fatto scattare la molla di andare alla ricerca di una ricetta, fino a quando, qualche settimana fa, nel blog  Note di cioccolato me li trovo davanti in bella mostra!
Colpo di fulmine! La sera stessa ho impastato e fatto questa meravigliosa scoperta!
Un mix di sapore tra dolce e salato che ha richiamato un biscotto dietro l'altro (...)!

Ecco, se volete preparare una cheesecake utilizzate questi per la base: sono semplicemente meravigliosi! Se invece volete un'esplosione di gusto e croccantezza di cui godere al mattino a colazione o nel pomeriggio insieme ad una fumante tazza di thè, fatene doppia dose... spariranno in pochissimo tempo (a casa nostra son spariti senza latte, senza thè e senza cheesecake!!!).
Grazie allora a Federica per aver condiviso la ricetta di Alice Medrich! :-))))
Rispetto alla sua versione ho aggiunto un cucchiaio di latte perché altrimenti l'impasto si sgretolava eccessivamente, ho aggiunto poco più di un pizzico di bicarbonato di ammonio per aumentare la friabilità e ho omesso pepe e vaniglia lasciando spazio ad una puntina ina di cannella.

Voi? Siete pronti a provarli??



INGREDIENTI (dosi per circa 50 crackers lato 4x4)

230 g farina integrale (io Petra 9)  

55 g farina d'orzo integrale
80 g burro freddo, a pezzetti
60 g miele di acacia
50 g zucchero semolato
4 cucchiai latte
1 pizzico di cannella
½ cucchiaino lievito per dolci non vanigliato
¼ cucchiaino bicarbonato di sodio
¼ cucchiaino bicarbonato di ammonio
½ cucchiaino sale
Per la stesura e la finitura:
farina di riso
zucchero in granella

Setacciare in una ciotola le farine insieme al bicarbonato di sodio, di ammonio, ed al lievito;
(clicca per ingrandire)
aggiungere lo zucchero, il sale, la cannella e mescolare grossolanamente con la mano per amalgamare tutti gli "ingredienti secchi".
Unire il burro tagliato a cubetti e sabbiare con la punta delle dita (o con la foglia della planetaria) fino a quando il composto arriva ad avere una consistenza simile a quella della sabbia bagnata.
In una tazza, intiepidire il latte, unire il miele e scioglierlo completamente; aggiungere questa emulsione al composto di farine e lavorare fino ad ottenere un impasto omogeneo e ben malleabile.
Formare una palla, avvolgerla con un sacchetto per il freezer, e riporla in frigo per circa 30-40 minuti, fino a che l'impasto si sia un pochino rassodato ma resti morbido abbastanza da poter essere steso col matterello.
Trascorso questo tempo, riprendere l'impasto e. con l'aiuto di un po' di farina di riso,  stenderlo allo spessore di circa 3 mm  e con un tagliabiscotti di forma quadrata (o della forma che preferite) ottenere i crackers da disporre mano a mano su una teglia ricoperta di carta forno.
Con il retro di uno spiedino di legno, praticare dei fori che, oltre ad essere decorativi, impediscono che i cracker si gonfino in cottura; cospargere la superficie con dello zucchero semolato: in cottura caramellerà leggermente rimanendo ben appiccicato sulla superficie del cracker! ;-)
Infornare a 180° per circa 10-15 minuti, (lasciando gli ultimi due lo sportello del forno in fessura) facendo attenzione a che i bordi diventino ben dorati.
Sfornare e lasciarli raffreddare prima di riporli in una scatola di latta di assaggiarli!!!! ;-)



SUGGERIMENTI

  • L'impasto può essere tranquillamente conservato in frigo fino a due giorni, qualora vogliate dividere la cottura in due tempi. In questo caso, lasciare che l'impasto torni a temperatura ambiente prima di essere steso e tagliato.
  • Durante la cottura sorvegliare i biscotti a vista. Ognuno conosce il proprio forno e, a volte, i tempi possono essere completamente diversi.
  • Non preoccupatevi se appena sfornati, i biscotti si presentano ancora leggermente morbidi: diventeranno croccantissimi una volta completamente freddi e si conserveranno fino a tre settimane se li nascondete nello scaffale più alto della vostra cucina! :-DDDDD


CURIOSITA'

Come dicevo all'inizio del post, il Graham cracker è l'unico biscotto ad avere  un cognome (o almeno così pare!).
Cerchiamo di scoprire qualcosa in più.
I crackers Graham prendono il nome del ministro presbiteriano statunitense Reverendo Sylvester Graham, che per primo ne mise a punto la ricetta.
Sono prodotti con una farina denominata Graham, ovvero una farina di frumento 100% integrale ottenuta dalla macinazione separata delle differenti parti del chicco di grano (endosperma macinato finemente, crusca e germe macinati grossolanamente) ed in seguito rimescolate insieme per creare una farina dalla consistenza rustica e grossolana.
La tradizione ricorda che il reverendo pruomoveva la necessità di consumare pane fatto con farine macinate a pietra (83%) con aggiunta di crusca (14%) e germe di grano (3%).
Predicatore itinerante, era un fermo sostenitore del mangiar sano e promotore del consumo di fibre e verdure. Già a cavallo dei primi del '900 e fine '800 egli era pienamente contrario al consumo del pane bianco preferendo di gran lunga l'uso in panificazione di farina poco raffinata.
Questo lo portò ad attirare l'astio dei fornai dell'epoca, che iniziavano a prediligere la farina raffinata per ottenere pani soffici e di bell'aspetto.
Da allora, nella tradizione del Nord America la farina denominata Graham è associata ad uno stile di vita che osserva una sana alimentazione.
Altre informazioni qui


Buon proseguimento di settimana, cari lettori! Siate lieti, sempre! 


Ora dove sei, adesso cosa fai?
D'improvviso penso a te, 
d'improvviso penso... 
 Che ti vorrei sentire anche per un istante, 
ti vorrei abbracciare come ho fatto sempre 
ti vorrei guardare senza dire niente, 
capire che...
mentre gli anni passano, 
come fosse un ballo fuori tempo, 
tu sei con me...

Mustazzòli salentini nasprati cu lu gileppu e rriccuti alla faccia te li cupetari

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Traduzione: mostaccioli salentini glassati con lo sciroppo e arricchiti a dispetto dei cupetari (sono quelli che fanno la cupeta, cioè il croccante di mandorle). *

Cosa sono i mustazzòli? I dolci più popolari del Salento (insieme ai pasticciotti coi quali vivono serenamente senza competizione, ognuno ha i propri spazi e zone di appetenza) detti anche, a seconda della zona  in cui ci si trova,  mustazzueli, scagliozzi  e le varianti scagnozzi e scaiozzi, scaiezzuli, pisquetti, nassaparati e nsparati, castagnette, oppure zozzi (perché la glassa li fa sembrare sporchi, che avevate pensato?!), ché il Salento è terra di sole, di mare, di vento, e pure di dialetti.
Sono prodotti solo ed esclusivamente artigianali,  re indiscussi delle feste patronali e delle sagre salentine, ma si trovano anche nelle pasticcerie o nei panifici, quindi si mangiano tutto l’anno, quando è festa festa, cioè sempre!
Si mangiano a colazione o per merenda con il latte o con il tè, oppure a fine pasto accompagnati da un buon vino rosso o da liquori oppure di nascosto lasciando briciole e indizi ovunque!

Ognuno, come al solito, ha la ricetta unica, perfetta, l'originale ecc.ecc., anche io ho perfezionato la mia, partendo da una ricetta, arricchendola di tutti gli ingredienti possibili previsti, così da renderli ricchissimie morbidi, come piacciono a me!

* Nella sezione di pertinenza racconterò anche dei cupetari.


RICETTA 
Mustazzoli salentini



Ingredienti per i biscotti (circa 110 da 25g o 140 da 20 g)

    1 kg di farina
250 g di mandorle pelate
250 g di nocciole
200 g di zucchero
200 g di miele
100 g di olio extravergine d'oliva [1]
  40 gdi strutto (o burro) [1]
  80 g di cacao amaro
    4  uova intere
  70 g di vermouth (o rum o amaretto)
      2 mandarini, zeste e succo
      1 arancia, zeste e  succo
      2 limoni, solo le zeste
  da 3 a 5 g di chiodi di garofano macinati (cucchiaino più o meno colmo)
  da ag di cannella macinata
    1 pizzico di sale
100 g di ficotto (mosto cotto di fichi)[2] (facoltativo)
150 g di canditi di arancia e mandarino (o zeste fresche grattugiate) (facoltativi)
un cucchiaino di polvere di caffè o di caffè solubile (facoltativo)


[1] se si preferiscono biscotti più croccanti usare solo olio, nella quantità totale di 200 g
[2] in alternativa, vincotto, latte, succo d'arancia o caffè.


Ingredienti per la glassa cioè lu gileppu (naspro)

    1 kg di zucchero
  75 g di cacao amaro
200 g di acqua (circa, se ne aggiungerà altra a sentimento)
    1 cucchiaino di polvere di caffè o caffè solubile (facoltativo)


PROCEDIMENTO

♦ - Preparare gli ingredienti.
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- Pelare gli agrumi, ricavando solo zeste, cioè la parte colorata escluso l'albedo (la parte bianca).
- Riscaldare l'olio e lo strutto con le zeste di limone, mandarino e arancia. Far raffreddare.
- Sminuzzare i canditi col coltello.
- Setacciare la farina, il cacao e il lievito.
- Eliminare le bucce degli agrumi dall'olio, unirvi il miele e i canditi.
- Sbattere le uova con un pizzico di sale.
- Tritare non troppo finemente le nocciole e le mandorle.
- Spremere i succhi di arance e mandarini.
- Pesare e tener pronti tutti gli altri ingredienti.


♦ - Impastare.
- Versare nella ciotola (della planetaria o dell'olio di gomito) la farina, il lievito, il cacao setacciati e
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lo zucchero. Mescolare.
- Scavare una fossa al centro (!) e versarvi la miscela di olio/strutto/miele/canditi, le uova, il liquore, il ficotto, le spezie.
- Impastare velocemente.
- Sciogliere l'ammoniaca in una tazza di succo di agrumi e aggiungerla all'impasto.
- Unire la frutta  secca tritata ed, all'occorrenza, altro succo di arancia e mandarino.
- L'impasto è pronto appena la frutta secca è ben amalgamata.
- Se è troppo appiccicoso (dovrà essere sostenuto, più di una normale frolla) far indurire l'impasto in frigo, coperto da pellicola.


♦ - Formare i mustazzoli.
Per farli tondi:
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- formare delle palline da 20 o 25 g.
- schicciarle leggermente su una leccarda ricoperta di carta forno.
Per farli romboidali:
- Formare un rotolo e schiacciarlo.
- Tagliare e formare i rombi.
oppure
- Stendere l'impasto tra due fogli di carta forno ad una altezza di 1 cm abbondante.
- Tagliare trasversalmente prima in un verso e poi, perpendicolarmente, nell'altro.



Cuocere per circa 20 minuti (attenzione a non farli bruciare sotto!) in forno statico a 180 gradi oppure ventilato a 165 gradi.
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♦ - Preparare lu gileppu (naspro).

- Versare lo zucchero in una grande pentola d'acciaio.
- Setacciarvi dentro il cacao.
- Aggiungere l'acqua e il caffè.
- Mescolare e porre su fuoco medio.
- Portare a ebollizione e far addensare.
- Lu gileppu è pronto quando fila, cioè  quando prendendo una goccia tra l’indice ed il pollice, si attaccherà alle dita (ovviamente vi sarete anche ustionati).


♦ - Glassare.
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- Trasferire due o tre mestoli di gileppu in un altra pentola, così da preparare un po' di mustazzoli alla volta, senza rischiare di bruciare lo sciroppo.
- Spegnere il fuoco sotto la pentola grande e mantenere al minimo il fuoco sotto quella piccola.
- Versare 5 o 6 mustazzoli alla volta nel pentolino, velocemente rotolare i biscotti così da ricoprirli di glassa, raccoglierli con un mestolo forato o una pinza da cucina, così da far colare lo sciroppo in eccesso.
- Poggiare via via i mustazzoli su un vassoio ricoperto di carta forno.
- Far asciugare completamente i biscotti.
- Se alcuni rimangono appiccicosi, passarli qualche minuti sotto al grill del forno, appena lo zucchero comincia a "friggere" estrarre i mustazzoli e farli raffreddare e asciugare.

Si conservano per circa un mese in contenitori ermetici.
Per dovere di cronaca, qui nel Salento non si conservano, ma si distribuiscono equamente fra amici, parenti, vicini di casa e colleghi :-)



DI PERTINENZA e di cupetari invidiosi

Come accennavo su, i mustazzoli sono i re delle feste patronali e delle tante sagre salentine, ma non è stato sempre così. Per quanto la loro preparazione sia certamente ultrasecolare, alla fine dell'800 ancora erano dei semplici sudditi sconosciuti e incompresi. Le feste paesane erano dominate da un altro dolce molto popolare e desiderato, la cupeta, il croccante salentino, dolce nobile e pieno di boria, oltre che di miele e mandorle.
Un bel dì sulle piazze salentine arrivò un tal Luigi Sorgente, un gelataio che però d'inverno vendeva poco per via del freddo e di genitori che pure da antichi rompevano le balle con "il gelato non si mangia d'inverno che ti raffreddi!", lasciando i poveri figli a sbavare e sognar gelati col naso moccioso, e a secco il povero Luigi, che di figli ne aveva sei, e si raffreddavano perché se il papà non vendeva gelati non poteva comprar loro la maglia di lana!
Però Luigi si chiamava Sorgente, e così sgorgò dalla sua mente un bella idea, mandò a quel paese genitoridifiglimocciosi e congelatori, e anziché gelati cominciò a vendere, sulla bancarella allestita sulla sua macchina comprata a rate, dei dolcini romboidali brutti, piccoli e neri (perché non li hanno chiamati calimeri?), ma buonissimi e meno costosi della cupeta.
Sicché, anche i genitori scassamarroni, che avevano pure il braccino corto, cominciano a preferire i mustazzoli alla cupeta.
Tutti volevano i mustazzoli, non solo genitori e figli, ma pure nonni, singol, amanti, coppie di fatto, uomini, donne, transgender, cattolici, atei, tutti insomma!
I cupetari si incazzarono abbestia, e gli bucarono le gomme. Come se non bastasse, i fascisti gli sequestrano pure la macchina sostenendo che servisse alla Patria, ma figurarsi! Con le ruote bucate la Patria che se ne faceva???!!!!
Luigi era disperato, sequestrò un triciclo al figlio di un cupetaro e ricominciò a vendere mustazzoli! Ormai in tutti i paesi del Salento gli zozzi erano ricercatissimi (gli zozzi sono i mustazzoli eh), e anche i cupetari capitolarono, cominciarono a produrre i brutti, piccoli e neri, e Luigi Sorgente... cominciò a produrre pure copeta!
E tutti vissero felici, contenti e nasprati!
(La vera storia potete leggerla QUI)

E io??? Io pure sono felice e contenta dei miei mustazzoli, più ricchi della copeta!

Tamara @

(ps. amo follemente la copeta e, per via della proprietà transitiva, anche i copetari)







 DIVAGAmente

A proposito di zone...


i mustazzoli, ovviamente!



Altre foto su: http://visionigustative.blogspot.com/2016/11/mustazzoli-con-mandorle-nocciole-miele.html

Olive candite al profumo di mirto e di strane abitudini

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Sublimi, dolci, profumate, inaspettatamente sorprendenti!
Profumate di Salento: arance, mandarini, limoni e mirto, quello nostro.
Avete letto bene, sono proprio olive candite, nella fattispecie le celline, una cultivar salentina nata nell'agro di Nardò ma che sta sostituendo, nel tempo, l'altro cultivar leccese, più diffuso, l'ogliarola.
La cellina è destinata all'olificazione (regala un meraviglioso olio dolce e denso) ma anche alla conservazione in salamoia, per il consumo da tavola, o per condire pucce e focacce.
La cellina ha un gusto particolare, un’armonia  di aromi fruttati, di verdure, mandorle, pomodoro ed erbe che le conferiscono un sapore dolciastro con un retrogusto  amaro che si presta anche a preparazioni dolci, come la marmellata, le olive sciroppate e quindi, ho pensato, perché non candirle?
In uno sciroppo profumato d'agrumi, vaniglia e  liquore di mirto, le cui bacche tanto somigliano alla cellina!
Le ho candite col metodo tradizionale, poiché la canditura veloce sul fuoco distruggerebbe le olive, così delicate e piccole, pensate, in media ogni oliva cellina pesa 1.4 grammi, piccina picciò!
Quindi ci vuole qualche giorno d'attesa, ma ragazzi, se ne vale la pena!
Sono sublimi, dolci, profumate, s o r p r e n d e n t i, da svenimento! E lo sciroppo? libidinoso!
Perché le ho fatte? lo saprete nei prossimi giorni :)

E se non riuscite a trovare le celline? Credo le leccine, altrettanto delicate e profumate, potrebbero andar bene. Le mie socie stanno provando, vi diremo... nei prossimi giorni :)




RICETTA

oOOoכ Olive candite  coOOo

Ingredienti:
clicca per ingrandire

200 g di olive celline snocciolate in salamoia (o leccine)
400 g di zucchero semolato
100 g di zucchero muscovado (o di canna)
500 g di acqua
  20 g di mirto di salento (o rum)
aromi: zeste di arancia, mandarino e limone, 1/2 stecca di vaniglia
100 g di sciroppo di glucosio (solo se si vogliono conservare a lungo nello sciroppo)


Procedimento

Lavare le olive sotto l'acqua corrente diverse volte per eliminare la salamoia.
Unire i due zuccheri, aggiungere l'acqua e far sciogliere a fuoco medio.
Far ridurre lo sciroppo una decina di minuti a fuoco basso.
Aggiungere le olive, le zeste, la stecca di vaniglia, far bollire due minuti e spegnere.
Far raffreddare e coprire.
Il giorno dopo scolare le olive raccogliendo lo sciroppo in un altra pentola.
Far sobbollire lo sciroppo 5 minuti, lasciare intiepidire, aggiungere le olive, far raffreddare e coprire.
Ripete questa operazione per altri 3 giorni.
L'ultimo giorno, il sesto, scolare le olive, aggiungere allo sciroppo il glucosio, portare a ebollizione, aggiungere le olive (secondo preferenza eliminare zeste e vaniglia o lasciarle), il liquore, far bollire un minuto e invasare in un boccaccio sterilizzato, come una marmellata. Oppure, se si preferisce farle asciugare, stenderle su un foglio di carta forno e lasciarle scolare per un giorno.
Il settimo giorno, riposare. (lo dice Uno importante, mica io, eh).

Come per tutte le conserve, anche le olive candite regalano il meglio di sé dopo almeno 15 giorni dalla conservazione.
 


DI PERTINENZA 

Le olive candite sono meravigliose accanto (ma pure dentro) al cioccolato, nel gelato, nella crema pasticciera, per farcire torte, pasticcini, lievitati, crostate.
Io me le mangio accompagnate al... ehm... cucchiaino, semplicemente :)
E lo sciroppo?
Eeeeh, con lo sciroppo si pecca! Sto sorseggiando or ora un tè verde dolcificato con quest'elisir di larga vita... mmmmmmm ragazzi, le olive sono sublimi ma lo sciroppo è   l i b i d i n o s o!




 DIVAGAmente


Strane abitudini
Distruggo le graffette. Sì, le clips, le graffette, quelle! Non posso proprio farne a meno, se mi capita sotto mano una graffetta la apro, la stiro, la tiro finché non diventa bella dritta dritta e poi... ricomincio! È più forte di me! Sulla mia scrivania chi mi conosce evita di farmele trovare, a costo di nasconderle, perché io non me ne accorgo proprio, anche se mi concentro e mi alzo la mattina col pensiero "oggi le graffette le lascio in pace", niente! Non ce la faccio proprio! È che non me ne accorgo, basta che mi distragga un attimo, se c'è una graffetta nel raggio di un braccio e una sporta, io la acchiappo e la stendo! A fine giornata ho fatto uno sterminio, la scrivania è un cimitero di graffette!
Quando sono molto stanca, nervosa, accalorata, snervata insomma proprio stanca, ehm, perdo tutto il mio aplomb (sempreché ne possegga) e dico un sacco di parolacce, perdo l'aplomb e acquisisco la  trivialità  ;-),  più che a una posata e raffinata signora di xx anni direi che assomiglio ad uno scaricatore, sì,  assumo le peculiarità verbali di una  scaricatrice di porto, di  una camalla ecco (direi, Tamalla).
Rido sguaiatamente, e spesso, è proprio una strana abitudine. Mi accorgo che è strana per il modo in cui mi guardano quando esco dal cinema, magari dopo aver visto un film drammatico, oppure quando mi guardo intorno dopo una giornata al mare e vedo lo sguardo dei miei vicini di ombrellone, oppure quando incontro delle persone che mi dicono "ah ieri hai camminato eh? cammini ogni sera eh? con le tue amiche eh? sìsì... sei passata vicino a casa mia... ti HO SENTITA..." (ma come "sentita"??? una volta non si diceva "ti ho vista"??).
Come avevo già confessato QUI, quando sono molto molto molto arrabbiata (3 molti, perché con 2 urlo, con 1 molto invece "sguardo" torvamente) lancio. Sì, lancio oggetti, qualunque cosa mi capiti sottomano, difatti quando sono molto molto molto arrabbiata chi mi conosce, oltre a sparire dal mio raggio di visibilità (praticamente bastano pochi centimetri),  nasconde immediatamente telecomandi e simili.
Mi siedo sui marciapiedi, sui tappeti, sulle sedie al contrario a cavalcioni, sui braccioli, a gambe aperte (difatti uso solo pantaloni o gonnellone lunghe fino ai piedi) a gambe incrociate, a gambe a cuore, a gambe penzoloni,  sui muretti, sui gradini, a terra, tranne nel caso ci sia un divano nei dintorni. E allora l'abitudine perde la stranezza e diventa comodità, e mi ci stravacco (sul divano, non nell'abitudine).
  Axx provoxxx xx xxx xxxx xxxxxxxxxxxxx xxxx'xxxxxxxxxxxx senza xxxxxxx, xxxxx xxxxxxxxx addosso, xxxxxxxxxx, xxxxxxxxxxxx x xxxxxxxxx, sentire xxxxx è xxxx xxxx xxxxx, xxxxxxx, xxxxxxxx, chiedere, e xxxxxxxxx xxxxxx. mi capita, quando sono molto xxxxxxxx, di xxxxxxxxxx "xxxxxxx xxxxx, xxxxxxx"...  Per farla breve, sono molto xxxxx, e questo, pare sia molto strano....ma secondo me è normale.


Tamara 



Il nostro Panettone salato - Naturalmente a lievitazione naturale

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Lo lo so tutti gli anni mi riprometto di fare le cose per tempo e  invece puntualmente fallisco! 
Però in fondo di panettoni la nostra Tamara (e noi a seguirla) ne ha sfornati tanti. Ricordate i panettoni con il licoli? Questo qui e il burroso?  E il meraviglioso Panterrone? Dimenticavo! Sua maestà il Pandoro!



Tornando al panettone salato una cosa mi sono detta la scorsa Pasqua, che per gustare nuovamente questa meraviglia non avrei di certo aspettato un altro anno! 
E allora?
Semplice, ho deciso di dare un aspetto natalizio all'impasto della nostra colomba salata che ha conquistato tutti! 
Quindi?
Quindi l'ho infilata in un bel pirottino da panettone! Eh lo so, so' furba so' 😜 


Ingredienti per uno stampo da 1 kg:



170 g  Lievito madre rinfrescato 3 volte (1)
Clicca qui per ingrandire

250 g  Farina di forza
  80 g  Formaggio Parmigiano grattugiato
  50 g  Formaggio pecorino grattugiato (2)
100 g  Formaggio pecorino a tocchi (2)
  90 g  Latte intero
  60 g  Burro bavarese
  60 g  Strutto 
130 g  Uova intere (circa 2 uova XL)
  75 g  Tuorli (circa 3 uova XL. Conservare gli albumi per la glassa) 
    6 g  Zucchero 
    5 g  Sale
    1     cucchiaio di malto (si può sostituire con un cucchiaino di miele) 
        cucchiaini pepe
    

Farciture:
 100 g  Pancetta affumicata a dadini/salame/speck

   50 g Olive denocciolate


oppure

 70 g
  Pomodori secchi sott'olio
 70 g  Olive al forno

      oppure
 120 g  Salame

    oppure
  50 g  Funghi sott'olio
  50 g  Pomodori secchi sott'olio

  50 g  Olive al forno

   oppure
a piacimento! 

Glassa: (3)
 80 g  Arachidi salate tritate finemente
 80 g Albumi (circa 2)
   2    cucchiai di Parmigiano

Copertura:
 20 g  Arachidi salate tritate grossolanamente
 50 g  Noci sgusciate

Note:
(1) Si può sostituire con una biga costituita da 115 g di farina, 55 g di acqua, 3 g di lievito di birra. 
(2) Un pecorino o altri tipi a scelta, a seconda di quanto si preferisca formaggiosa la colomba scegliere formaggi più o meno saporiti e forti.  
(3) Per la glassa ci siamo  ispirate a questi panettoncini di Giulia (grazie cara!)







PREPARAZIONE:

- Nella ciotola dell'impastatrice versare il latte e spezzettarvi dentro la pasta madre; azionare la frusta e far sciogliere il lievito. Montare il gancio a foglia.
- Sbattere uova e tuorli con lo zucchero e cominciare ad aggiungere il composto, poco alla volta, alla pastella di latte e lievito madre, alternando l'inserimento con la farina, anche questa poco alla volta,  avendo cura di far assorbire un elemento prima di aggiungere il successivo.
- Far incordare l'impasto e aggiungere i formaggi grattugiati e il pepe.
- Mescolare il sale con il malto,  far idratare con un goccio d'acqua ed aggiungere a filo nella ciotola.
- Portare ad incordatura, montare il gancio a uncino e, poco alla volta, aggiungere lo strutto ed infine il burro.
- Quando l'impasto è perfettamente incordato (fare la prova velo per essere sicuri), abbassare al minimo la velocità dell'impastatrice e inserire il formaggio a tocchetti.

 - Scaravoltare l'impasto sul piano imburrato e allargarlo in una sfoglia sottile, distribuire metà della farcitura tagliata a quadrotti e infarinata,  richiudere i lembi verso il centro fino a concludere il giro e ripetere l'operazione per inserire l'altra metà della farcitura.
- Dare una piega a 3, coprire con una ciotola e far riposare mezz'ora.

- Poi  ripetere l'operazione e far riposare ancora per lo stesso tempo.

- Riprendere l'impasto e arrotondarlo (pirlatura) e  disporlo nel pirottino apposito. 
-  Coprire con pellicola. Poggiare il pirottino direttamente sulla leccarda, teglia o griglia su cui cuocerà il panettone, onde evitare di dover prendere e spostare lo stampo con le mani. E' utile poggiare il pirottino sulla leccarda o la teglia ribaltata, così che sia facilitata l'operazione di infilzatura dei ferri successiva.
- Far lievitare per 6/7 ore a 28°C  nel forno preriscaldato e la lucina accesa, oppure a temperatura ambiente, in questo caso i tempi di lievitazione saranno più lunghi. 
- Quando l'impasto sarà arrivato a circa 2 cm al bordo (non di più) dello stampo porre a temperatura ambiente, togliere la pellicola trasparente e lasciare 30/40 minuti all'aria affinché formi una sorta di pellicina.

- Intanto accendere il forno a 180° ventilato con resistenza inferiore. 

- Nel frattempo preparare la glassa. Nel tritatutto mescolare le arachidi tritate finemente con il parmigiano e gli albumi, fino ad ottenere una crema densa ma non troppo (come la spieghiamo questa? deve essere abbastanza densa da non colare ma abbastanza diluita da poter essere stesa con il dorso del cucchiaio). 

- Con un cucchiaio distribuire la glassa su tutta la superficie della colomba, con estrema delicatezza per non compromettere la lievitazione. Distribuire in ordine sparso le noci e spolverare con la granella di arachidi.

- Far bollire due dita di acqua. Al bollore inserire il pentolino contemporaneamente a quando si inforna la colomba (io uso il sotto di una moka).
Abbassare a 160° e infornare.
Cuocere per 50/60 minuti (regolarsi, non tutti i forni cuociono negli stessi tempi) 94° al cuore se si può misurare con una sonda.

- Infilzare  il panettone appena sfornato con due ferri paralleli alla base dello stampo, e  lasciar raffreddare capovolto, sospeso con i ferri retti tra due sedie o su un secchio, per almeno 4/6 ore.
- Se necessario conservare in busta chiusa, ma secondo noi non sarà necessario, una volta aperto sarà difficile che ne rimarrà d'avanzo! 😃

Si può congelare una volta raffreddato!






    







Silvia

Panterrone o panettone terrone alle olive candite, cioccolato e mandarino, ovvero omaggio a Cera e Massari

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Omaggio ad Antonio Cera, giovane fornaio economista, che nel 2013 era stato premiato fra i migliori dieci di tutta la nazione dalla rivista La Cucina Italiana,  proprio per il suo panettone alle olive celline, cioccolato e burro di vacca podolica; ed al Sommo Maestro, che i premi li ha ricevuti tutti, quelli passati presenti e futuri, e la cui apparizione conoscenza ho fatto il mese scorso (ne parlo nella sezione di pertinenza), Iginio Massari.

Panterrone (che ha addirittura il copyright)  è il panettone terrone, cioè il dolce meneghino farcito o impastato con prodotti pugliesi. Due anni fa ne avevo fatto una versione prelibatissima con fichi secchi, pepite di pasta di mandorle, canditi di mandarino, cioccolato e cannella, così buono che non avevo fatto altro per tutto l'anno, ché a ferragosto vi assicuro il panettone è fantastico!
Poi, casualmente, un po' di tempo fa, la mia amica Angela mi parla di un gelato alle olive eccezionale e la mia mente comincia a frullare, mi ricordo di un panterrone alle olive, vado a guglare, era quello di Cera, intanto il cervello comincia a dividersi un due, una parte frulla per le canditura olivaria e l'altra continua per la combinazione panterronesca.
Le olive intanto le ho candite e sono incredibilmente meravigliose!
Decido di accostarle al cioccolato fondente, per riequilibrare la dolcezza delle stesse.
Aggiungo i mandarini canditi, anche quelli realizzati proprio per il panterrone di due anni fa.
E le mandorle le sposto dalla farcitura interna, che voglio di dominio olivesco, alla glassa esterna.
E l'impasto?
Non posso che fare Il Panettone. Il Panettone è quello di Iginio Massari, il mio mito (e di chiunque sia malato di lievito).
Il risultato è eccentrico, terrone, sorprendente, unico e ripetibile!

Ne propongo due versioni, uno senza glassa, e lo dedico a Cera, e uno glassato, dedicato umilmente al Maestro Massari,  li faccio in coppia, nella versione da 750 g, da consumare insieme, così la mia mente la smette di frullare e non faccio torto ai Maestri!






RICETTA

Panterrone alle olive candite, cioccolato e mandarino

(Impasto base di Iginio Massari, la ricetta originale QUI)

Ingredienti per un panettone da 1 kg, e, in rosso, quelle per un panettone da 750 g. 

Primo impasto

-   55 g lievito madre (40)
- 220 g farina di forza (165)
-   70 g zucchero (50)
-   80 g burro (60)
-   75 g acqua (55)
-   55 g tuorli (40)
      
Secondo impasto

-   55 g farina bianca di forza (40)
-   70 g tuorli (50)
-   55 g zucchero (40)
-   80 g burro (60) [di cui 20 (15) g utilizzati per l'aroma]
-     4 g sale (3)
-   40 g acqua (30)
-   50 g pasta aromatica(35) (nella ricetta originale 15 g di miele+vaniglia)
- 265 g farcitura (200) (220 nella ricetta originale)


Pasta aromatica
- 20 g di miele (15)
- 20 g di burro sciolto (15) [prelevati dalla quantità indicata nel secondo impasto]
- 20 g di arancia candita home-made (15)
- 10 g di sciroppo di arancia candita (7)
- 1 cucchiaino di estratto di vaniglia (oppure 1 baccello di vaniglia e tutti i semini dello stesso)
- 6 o 7 chicchi di uvetta ammollati nel  rum scolati ma non strizzati (4 o 5)
- zeste grattugiate  di 1 limone (1/2)

Farcitura
- 150 g olive candite (115)
-   75 g cioccolato o gocce di cioccolato di ottima qualità (55)
-   40 g canditi di mandarino (30)


 Glassa (di I. Massari)
-  40 g di mandorle grezze
-  20 g di nocciole tostate
-160 g di zucchero semolato
-    4 g di cacao amaro in polvere
-    4 g di fecola di patate
-    4 g di farina di mais
-  60 g di albume
 per la decorazione: mandorle grezze e granella di zucchero 


 Rinfreschi pasta madre (esempio)
- pomeriggio: 40 g pasta madre, 40 g farina, 20 g acqua
- sera: 60 g pasta madre, 60 g farina 30 g acqua. legatura.
- mattina: 30 g pasta madre, 30 g farina, 15 g acqua.
- mezzogiorno: 40 g pasta madre, 40 g farina, 20 g acqua.
- pomeriggio: 40 g pasta madre, 40 g farina, 20 g acqua.
- sera: primo impasto

Per leggere l'intera esecuzione scorrere la tendina all'interno del riquadro sotto, oppure aprire il PDF.

Per le foto del passo passo cliccare  QUI

Preparazione:

➽ Primo impasto:

- Pesare gli ingredienti e disporli sul piano di lavoro.
- In una ciotola montare i tuorli con lo zucchero, in un'altra preparare il burro freddo  tagliato a fettine sottili.
- Versare nella ciotola della planetaria 3/4 di farina, i tuorli montati con lo zucchero e l'acqua. Montare la foglia e cominciare ad impastare.
- Aggiungere la pasta madre ridotta in pezzi e portare ad incordatura, ci vorranno circa 15-20 minuti.
- Sostituire la foglia col gancio e aggiungere il burro poco alla volta, alternando con la farina e avendo cura di aspettare che il grasso venga assorbito prima di inserire la farina e viceversa.
- Finito l'inserimento del burro aggiungere l'eventuale farina rimasta e portare ad incordatura.
- L'impasto dovrà essere elastico ma non lucido e liscio. Questa operazione dovrebbe durare dai 20 ai 30 minuti al massimo.
- Porre in un contenitore graduato o trasparente (per poter controllare la lievitazione), coprire con pellicola alimentare e far lievitare a 28 gradi fino al raddoppio e mezzo.

Preparare alcuni ingredienti per l'impasto successivo
- Tagliare il cioccolato in pezzi piccoli. Porre in freezer (così da evitare che sporchi l'impasto in fase di inserimento).
- Ridurre i mandarini canditi in pezzetti piccoli.
- Preparare l'aroma, scaldare il miele, farvi sciogliere il burro, unire l'uvetta preventivamente ammorbidita in acqua e rum (non strizzarla) insieme agli altri ingredienti e frullare. Coprire con pellicola alimentare e lasciar insaporire a temperatura ambiente.

Preparare la glassa
- Raffinare in un cutter tutti gli ingredienti secchi, aggiungere quindi l'albume continuando a frullare per un paio di minuti. Far riposare in frigo. Se si versa direttamente in una sac à poche sarà già pronta il giorno dopo.

➽ Secondo impasto

- Pesare gli ingredienti e disporli sul piano di lavoro.
- In una ciotola montare i tuorli con lo zucchero, in un'altra preparare il burro freddo rimasto (60 g)  tagliato a fettine sottili.
- Idratare il sale con l'acqua prevista.
- Trasferire il primo impasto nella ciotola della planetaria e avviare il gancio, impastare 5 minuti.
- Inserire le uova montate poco alla volta, alternando con un po' di farina avendo cura di aspettare che il grasso venga assorbito prima di inserire la farina e viceversa.
- Quando l'impasto è ben incordato inserire l'aroma poco alla volta, aggiungere un cucchiaio di farina.
- Aggiungere il sale idratato, filo filo lungo la parete della ciotola. Aggiungere ancora un po' di farina.
- Inserire il burro poco alla volta, alternando con la farina rimasta ed aspettando l'assorbimento dell'uno prima dell'aggiunta dell'altra e viceversa.
- Serrare l'incordatura, l'impasto deve risultare elastico, liscio e lucido.
- Scaravoltare l'impasto sul piano imburrato, lavorarlo qualche minuto con la tecnica dello slap & fold .
- Allargare l'impasto in una sfoglia sottile, distribuire metà della farcitura (il cioccolato appena tolto dal freezer e i canditi di mandarino e olive infarinati), richiudere al centro e ripetere l'operazione.
- Coprire con una ciotola e far riposare mezz'ora.

ora ci sono due possibilità:    

- Porre l'impasto in un contenitore, coprire con coperchio o con pellicola e far riposare in frigorifero per minimo 6 ore e massimo 12. Poi tirare fuori dal frigo, fare acclimatare per un'ora e procedere col punto successivo.
       oppure, saltare questa fase e
 - dare due giri di pieghe al centro, ribaltare l'impasto in modo che la chiusura delle pieghe stia sotto, e procedere con  
- la prima pirlatura sul piano unto di burro. Io la prima la faccio a spirale, arrotolando l'impasto stringendo l'impasto verso il basso. QUI il video di Piero.
- Lasciar puntare per 30/40 minuti senza copertura e ripetere la pirlatura. Questa seconda volta, invece, arrotolo l'impasto trascinando l'impasto in avanti, come si vede in quest'altro video di Piero.
-  Porre l'impasto pirlato negli appositi pirottini di carta.
-  Coprire con pellicola. Poggiate il pirottino direttamente sulla leccarda o teglia o griglia su cui cuocerà il panettone, onde evitare di dover prendere e spostare il pirottino con le mani. E' utile poggiare il pirottino sulla leccarda ribaltata, così che sia facilitata l'operazione di infilzatura dei ferri successiva.
- Far lievitare per 6/7 ore a 28°C  nel forno preriscaldato e la lucina accesa, oppure a temperatura ambiente, in questo caso i tempi di lievitazione saranno più lunghi. 
- Quando la cupola è arrivata al bordo del pirottino e l'impasto tocca circa 2 cm sotto, porre a temperatura ambiente, togliere la pellicola trasparente e lasciare 30/40 minuti. Anche di più, a seconda dell'umidità ambientale. Più è umido, più lungo sarà il tempo che ci vorrà perché si formi la pelle.
Per il panettone non glassato:
- Fare un taglio a croce a 8 punte, incidere le orecchie, aprirle verso l'esterno,  spennellare la superficie di burro fuso tiepido e riposizionare le orecchie verso il centro.
Per il panettone glassato:
- Con la sac à poche distribuire la glassa, senza arrivare al bordo (questa colerà da sola fino allo stampo), distribuirvi sopra mandorle e granella di zucchero.

- Cuocere in forno per 50 minuti a 170°C  forno statico con resistenza solo sotto (io 160° 40 minuti in in forno statico e 20 minuti in modalità ventilata)  per i pezzi da 1 chilo, e 40 minuti per i pezzi da 750 g (io 160° 35 minuti in forno statico e 15 minuti in modalità ventilata).
- Infilzare  il panettone appena sfornato con due ferri all'altezza della base e  lasciarraffreddare capovolto, sospeso con i ferri retti tra due sedie o su un secchio, per almeno 6/8 ore. 
- Conservare in una busta per alimenti e CONSUMARE NON PRIMA DI UNA SETTIMANA, quest'attesa è necessaria perché i sapori si fondano e maturino.


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DI PERTINENZA


Come dicevo nella introduzione, Antonio Cera, trentaseienne originario di San Marco in Lamis, piccolo comune in provincia di Foggia, è l'artefice di quello che “Cucina italiana”, la “Bibbia” delle riviste di cucina, ha eletto creazione inedita nel settore dolciario nel 2014, Il panterrone, che Cera, nel panificio di famiglia, produce in diverse versioni, al grano arso con la pregiata uva di zibibbo e i fichi, con il classico grano tenero, invece, il dolce è impreziosito dagli agrumi del Gargano e di altre zone del Sud e dalle olive di Nardò, e addirittura e ancora una versione coi lampascioni (cipolline tipiche pugliesi) canditi!
Curiosa la storia di Cera. In tasca, una laurea in Economia e Commercio alla Bocconi di Milano. Nel cuore, il desiderio di rilevare l’antico forno creato 53 anni fa da suo nonno Michele e sua zia Maria. Un sogno che Antonio realizza: dopo essersi formato in una delle università più prestigiose d’Italia  decide di tornare al Sud e per mettere a frutto la laurea in Economia. Come? Riscoprendo insieme alle zie e mamma Lina il tesoro di una tradizione culinaria dalle potenzialità ancora inesplorate, e mettendoci un surplus di marketing intorno che non guasta.


Sull'etichetta del suo panterrone è scritto che al Sud siamo ancora attaccati alle piccole cose, alla terra e che l’incontro delle piccole cose e della terra può essere il seme che un giorno può diventare quercia. Dalle piccole idee si possono realizzare grandi progetti, come il nostro”. Anche la confezioneè ispirata alla terra: un sacco di farina che ha per manici due corde di canapa.

Se siete curiosi di leggere altro sul bravissimo fornaio economista Antonio Cera cliccate sui link da cui ho attinto per approfondire la mia conoscenza sull'ispiratore della mia umilissima interpretazione del suo panterrone alle olive!
Io, intanto, lo ringrazio sentitamente!

http://un-poco-di-buono-bari.blogautore.repubblica.it/2013/12/20/celline-e-primitivo-il-panterrone-sfida-la-padania/?refresh_ce
http://www.pugliamonamour.it/2014/12/01/il-fornaio-bocconiano-che-porta-il-panterrone-dalla-puglia-al-nord/
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/517646/il-panettone-agli-ortaggi-tra-i-migliori-dieci-d-italia.html

PICCOLA NOTA: Come accennato nella intro, il “panterrone”, panettone terrone, è stato inventato proprio da Antonio Cera che ne ha registrato il copyright!

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DIVAGAmente

Ed ora, se volete sapere dell'apparizione del Maestro, del mio incontro col Maestro Massari, mettetevi seduti e fatevi un caffè, con calma, ché la mia proverbiale capacità di sintesi qui non è applicabile!

Qualche settimana fa sono stata invitata dalla mia adorata cugina Miriam a passare qualche giorno con lei, per festeggiare insieme i miei xx anni. Così l'ho raggiunta in quel di Torino, dove abita mia zia (sua mamma), dove mi hanno fatto la festa :), veramente dico, una meravigliosa festa a sorpresa! Avete presente i film americani, dove entri in casa e tutto è buio e all'improvviso si accende la luce e tutti sbucano da dietro al divano cantando tanti auguri a teeeeee! ecco, quella festa! Con tutte le cugine, cugini acquisiti, cuginetti e le zie torinesi (ché io pure ci sono nata lì). Meraviglioso! Meravigliose! Poi però Miriam mi ha caricata in macchina e siamo andate a Trieste, dove lavora, ma facendo prima tappa un giorno a Brescia, dove abita. E dove mi ha fatto l'ennesima sorpresa!

 La mattina prima di partire mi dice "andiamo a far colazione fuori, conosco una pasticceria caruccia..." . Appena parcheggia, volgo lo sguardo e leggo l'insegna... PASTICCERIA VENETO! Ho guardato Miriam... Pasticceria Veneto? Ho letto bene?! Quellapasticceria Veneto??... Sorpresa! risponde lei! Io ero in preda al tremore, alla lacrimazione, alla Visione! Siamo nel regno del Maestro dei Maestri! Mi sono ammutolita... lo so, non ci credete, ma giuro che non ho più parlato! La mia dolcissima cugina mi ha condotta per mano, come fossi una cieca, dentro Il Regno, e io continuavo a palpitare muta... chiede se c'è Lui, il Maestro, ad una cameriera (alla quale chiedo se posso sedermi, così evito di svenire sul  pavimento reale) la quale torna per dire che Massari si è appena allontanato, ma tornerà, e, gentilissima e decisamente divertita, mi invita a fare colazione per riprendere colore e favella :). Dopo un po', una meravigliosa signora, vestita semplicemente con un pantalone e un maglioncino grigio (ragazze, una eleganza e un'aura senza pari), mi raggiunge, si presenta e dice "ho telefonato a mio marito, ma non può tornare subito perché deve presenziare alla fine del corso di pasticceria, mi ha detto che prima di mezz'ora, quaranta minuti, non potrà tornare... mi spiace, che dice, ha la pazienza di aspettare?". Signora mia, ma io lo aspetto per l'eternità! Torna la cameriera, sempre più divertita, gentilissima, tutto il personale è squisito, nient'affatto algido e austero come m'aspettavo ( entri nel Regno dei Regni e un minimo di autorevole alterigia te l'aspetti), e invece no! Una atmosfera distesa, sorridente, elegante ma senza eccessi. Non vi dico le vetrine, lì invece è una esplosione di raffinatezza e superbia! Migliaia di minuscoli capolavori, i mignon di Massari sono immensi!
Ma tornando a noi. Per la colazione prendo un croissant e una veneziana. Mangio ad occhi chiusi, mai mangiato un croissant e una brioche così buoni, non si possono descrivere. Il gusto è pulito, sobrio, perfettamente equilibrato, il croissant è un'opera d'arte, croccante fuori, morbido dentro, un gusto intenso di burro, profumo delicatissimo di zucchero, lo stesso la veneziana.
Alla fine lo vedo. Lui. Il Maestro. Viene verso di me, gli avevano indicato il numero del tavolo. Che dire ragazze, a parte che l'ho trovato bellissimo, un bellissimo signore dai capelli candidi e gli occhi azzurri, si è avvicinato e mi ha teso la mano... mi sono fiondata verso di lui e l'ho baciato!! Sulle guance eh, un bacio per guancia, alla meridionale, no? Ecco, ho visto per un attimo il Maestro perdere la sua aura, ha lanciato uno sguardo eloquente alla moglie che diceva più o meno così "scusa tesoro, questa è scema", e poi... e poi non mi ricordo nulla! Ho balbettato qualcosa a proposito del fatto che lui sia il mio mito, mia cugina tutta orgogliosa gli dice che sono molto brava coi lievitati, io gli dico "e vabbè, il mio livello è mooooolto basso, Maestro" e lui "certo, ma poi, cresce" era un evidente link al fatto che il livello cresce come quello dei lievitati ma io... ero in estasi, mica ho capito la connessione! Abbiamo parlato un po' e poi lui è andato a salutare un gruppo di ragazzi che lo aspettava, che bello, erano ragazzi, maschi, giovanissimi, ed erano andati a conoscere il Maestro!
Nel frattempo la signora Mary, sua moglie, si avvicina di nuovo, per chiedermi come è andata... io sono rimasta davvero sconcertata da tanta gentilezza da parte di tutti, della meravigliosa signora (vi ho già detto che sono rimasta colpita dalla sua eleganza interiore? oltre che esteriore, si intende. Ma lei è proprio bellissima nei modi, nella luce che emana), da parte del personale (poi ovviamente ho fatto una piccola scorta di opere d'arte) e del Maestro, ovviamente, che, mi hanno detto, essere sempre disponibile e presente in pasticceria. Che uomo ragazzi! (ma secondo me qualcosa di sovrumano ce l'ha! provate a gustare una delle sue creazioni, e mi darete ragione!).
Grazie Maestro!

Tamara @

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http://www.cardamomoandco.ifood.it/wp-content/uploads/2016/12/panissimo-2017-corretto-543x543.jpg

Il Torrone. Bianco o al cioccolato?

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Nella cucina condominiale di questi giorni c'è un gran fermento, un via vai di ricette, prove, esperimenti, ingredienti, e montagne di caccavelle che si alternano nelle varie preparazioni!
E poi ci siamo noi, svalvolate come sempre che, se pur a distanza, ci raccontiamo e confrontiamo ogni giorno come se veramente fossimo affacciate da uno dei balconcini disegnati qui sullo sfondo!
Giusto qualche giorno fa abbiamo fatto il punto sulle feste ormai alle porte e su quello che possiamo offrire ai nostri amici lettori che passeranno di qua!
Per chi predilige il salato abbiamo il panettone di Silvia, per chi vuole osare nuovi gusti abbiamo il panettone alle olive candite di Tam, e per chi è tradizionalista???
Ehm... possibile che non abbiamo niente??
Ci manca un torrone, cavolo!
Possibile che non abbiamo neanche un torrone nella nostra cucina?????
Mumble, mumble...
"Ragazze, so io chi sta preparando un bel torrone da regalarci! Lo stesso fornitore del Parrozzo e dello Stollen!":-DDDDDDD

Come già detto qui e qui anche la cucina di mia sorella è sempre in fermento!! E quando mi accorgo che si dedica a preparazioni particolari, mi appollaio al suo fianco con la macchina fotografica...
Furba io, eh?? ;-)
Eccolo qua allora il Torrone!  E che Torrone!! Un Torrone con la maiuscola perché merita assolutamente di essere fatto! Se si ha cura di scegliere ingredienti di prima qualità, il paragone con quelli acquistati non teme confronti!
Incredibilmente buono, aromatico e ricco di sapore.
La versione in bianco esalta il profumo degli agrumi insieme a mandorle, pistacchio e nocciole; la versione al cioccolato è l'apoteosi della golosità!

La ricetta?
Ovviamente presa in prestito dal nostro amico Pieroche nel suo post offre un video così chiaro ed esplicativo da non lasciar alcun dubbio su come procedere. Grande Piero! :-)))
Io provo a raccontarvi con parole e foto, i passaggi fondamentali per ottenere questo splendido dolce da portare a tavola nei giorni di festa, da condividere in famiglia, con gli amici, e da regalare!!!
Fatelo e non ve ne pentirete!!!





INGREDIENTI:

Torrone bianco
250 g miele di arancio
410 g di Zucchero
100 g acqua
300 g nocciole sgusciate e tostate al forno (da mantenere calde)
300 g mandorle sgusciate e tostate al forno (idem come sopra)
170 g di pistacchi di Bronte
  40 g di albumi
zeste di arancia
fogli di ostia

Torrone al cioccolato 

500 g miele di arancio
500 g cioccolato fondente fuso (minimo al 60% di cacao)
300 g di zucchero
  60 g acqua
600 g nocciole sgusciate e tostate al forno
 80 g di albumi
qualche goccia di estratto di rhum
 fogli di ostia 

Attrezzatura:
termometro a sonda (indispensabile)
impastatrice
oppure frullino elettrico, e cucchiarellone di legno

Preparazione e cottura:
Nella planetaria o in una ciotola montare a lungo gli albumi con la frusta a fili sottili e nel frattempo portare a bollore in un pentolino, acqua, e zucchero fino al raggiungimento della temperatura di 147°;
a questo punto, versare a filo lo sciroppo ottenuto sugli albumi che nel frattempo continuiamo a montare. Senza interrompere questa operazione scaldiamo anche il miele ad una temperatura di 120° e, sempre lentamente, versarlo lentamente sugli albumi continuando a  montare fino ad ottenere un composto denso, cremoso e bianchissimo!
A questo punto sostituire la frusta a fili con quella K (detta anche a scudo) oppure, nel caso di un semplice frullatore elettrico, prendere una cucchiarella di legno col manico bello lungo ed inserire un po' per volta tutta la frutta secca. Il composto tenderà a rassodarsi ed è così che deve essere.
Per la versione al cioccolato seguire lo stesso procedimento ed inserire dopo il miele e lo sciroppo il cioccolato precedentemente fuso.

Formatura:

Dal foglio di ostia ricavare due rettangoli della dimensione di 210x297 mm (foglio A4)  e poggiarne uno su un piano di lavoro avendo cura che la parte ruvida e porosa sia rivolta verso l'alto.
Versare il composto e, aiutandosi con la mano inumidita, coprire uniformemente tutta la superficie dell'ostia, schiacciando delicatamente; terminata questa operazione prendere l'altro foglio di ostia e poggiarlo con la parte ruvida e porosa sulla superficie del torrone premendo delicatamente con un mattarello in modo da farlo aderire bene.
Lasciare raffreddare molto bene (anche in frigorifero) e con un coltello molto affilato rifilare i bordi e porzionare i torroni nella grandezza gradita.
Incartare con un foglio di cartaforno e riservare in un luogo fresco e asciutto (il frigo va sempre bene) fino al consumo, oppure impacchettare e regalare! ;-)
Allora, avete deciso quale fare? Quello bianco o quello al cioccolato?
Avete ragione... che domande!?!?!?!?!? Tutti e due, ovviamente!!!!

Un ringraziamento speciale a mia sorella Annarita che si  è offerta per questo post e che mi ha omaggiato di due bei tocchi di torrone per poterli fotografare! :-)))))


Il tempo sembra correre più in fretta in questi giorni... vi pare???
Io ho ancora un sacco di cose da preparare per i prossimi giorni di festa, quindi mi ritiro in cucina e metto il turbo (ma magari potessi stare solo in cucina!!!).
Voi restate sintonizzati che settimana prossima ho una cosa davvero interessante da proporvi, proprio per chi anche all'ultimo secondo vuole preparare qualcosa di speciale con le proprie mani! ;-)


Curiosità: ma dov'è nato il torrone?
Come ogni cosa che affonda nella notte dei tempi, anche il torrone o meglio la sua origine è stata ed è oggetto di controversie dettate un po' dalla scarsità di informazioni certe  e un po' dal campanilismo di chi vorrebbe essere inventore e unico depositario di questa prelibatezza.
La storia del torrone infatti è antica e risalirebbe addirittura agli antichi romani che all'epoca lo chiamavano cupedia che significa "cosa desiderata".
Stando alla leggenda "la cosa desiderata" era più che un desiderio perché pare che durante la guerra in Irpinia i romani vennero sconfitti dai sanniti che non li uccisero ma li fecero prigionieri affinché potessero testimoniare a Roma la forza di queste popolazioni.
I prigionieri romani per il disonore e la vergogna si stavano lasciando morire di fame e per questo i sanniti ricorsero ad un manicaretto irresistibile che li mantenesse in vita: il torrone.

Tra le versioni più accreditate c'è quella che vuole il torrone di origine araba anche se non è facile individuare con certezza un' analogia di ingredienti visto che la ricetta nei secoli ha subito sostanziali cambiamenti; gli arabi contribuirono alla diffusione dell'"impasto base" per cosi dire sia in Italia che in Spagna dove possiamo trovare le prime tracce documentabili di questa specialità fin dal XV secolo ad Alicante.
Sull'etimologia storica le tesi sono diverse fondamentalmente: la prima si basa sulla derivazione del verbo latino torreo che vuol dire "abbrustolire"; la seconda sulla derivazione del termine turròn che significa la stessa cosa ma è spagnolo; la terza sulla derivazione del termine turun citato per la prima volta da un medico arabo del XI secolo; e infine la versione di Cremona che data l'origine di questa ghiottoneria al 25 ottobre 1441, data in cui si celebra il matrimonio tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti.
Per celebrare le nozze i pasticceri di corte realizzano il famoso dolce a forma di Torrazo, ossia la torre campanaria più alta della città, quindi a forma di parallelepipedo che si manterrà nei secoli seguenti fino ai giorni nostri.

Il motivo del successo di questo dolce nell'antichità potrebbe essere dovuto alla facilità di conservazione. In una epoca in cui non esistevano frigoriferi e la conservazione degli ingredienti era problematica, un alimento fatto di nocciole (che una volta essiccate potevano durare un anno intero) miele e farina (reperibili tutto l'anno) era una risorsa alimentare molto valida.
Oggi esistono moltissime varietà di questo dolciume e volendo fare una prima categorizzazione potremmo dividere la famiglia in due: i morbidi e i duri. La differenza la si intuisce e la maggiore consistenza del torrone dipende principalmente dalle modalità di cottura che in alcuni casi può raggiungere anche le 12 ore. La seconda grande differenza è fra i torroni mandorlati o nocciolati. Oltre a queste prima grandi distinzioni esiste un universo di varianti che riguardano la "copertura" che può essere di cioccolato (bianco fondente al latte) o di pasta di mandorle o di pasta reale.
Da segnalare per i più golosi la festa del torrone che ogni anno a novembre si tiene a Cremona. Insomma ce n'è per tutti i gusti. Buon torrone a tutti! :-)))))
Fonti:
http://www.fieschi1867.com/blog/la-storia-del-torrone-lorigine-e-il-nome/
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/medioevale/dolci/Torrone-barretta-armonica.html
http://venividivici.us/it/il-palato/le-origini-del-torrone

Ce li avete ancora due minuti per me??
Tamara ed io vorremmo condividere insieme a voi la gioia che abbiamo provato quando abbiamo saputo che il vincitore del contest"Pane e Marmellata" di Pure Stagioniè stata la nostra Silvia con la sua magnifica Torta Lievitata!
A chilometri di distanza abbiamo zompettato di felicità per mezza giornata, perché non appena avevamo visto in anteprima quello che Silvia era riuscita a creare, ci siam dette "vincerà!"
E così è stato! Ancora una volta ci ha dato dimostrazione di quanto brava sia con i lievitati! Bravissima Silvietta nostra!

Bene, ho finito! Grazie per aver avuto la pazienza di leggermi fin qui!  :-)))))
A voi tutti, un buon proseguimento di settimana.

Siate lieti, sempre! 
 ♥






La Brioche di Natale. Presto che è tardi!

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Ed eccoci nel bel mezzo della settimana di Natale!
Anche voi state facendo i conti con le lancette che hanno messo l'acceleratore??
Volevo fare tante cose quest'anno, anche da condividere con voi su queste pagine, e invece mi trovo senza un bel niente tra le mani, se pur con un bell'asso nella manica (ma non perché abbia iniziato a giocare a carte eh??) :-)))

Sappiamo bene che per fare un buon panettone ci vuole, il tempo di preparazione, lievitazione, e soprattutto quello del riposo prima di essere consumato: almeno 10-15 giorni affinché profumi e consistenze diano il meglio di sé.
E oggi è 21 dicembre.
Non ce la farò mai a farne uno per poter essere aperto il giorno di Natale,
Ma voglio lo stesso portare a tavola qualcosa preparato da me e, casualmente (sarà poi vero che è stato un caso??)  qualche giorno fa mi capita sotto gli occhi questa ricetta.
Leggo velocemente gli ingredienti, faccio un controllo in dispensa, e mi dico: ma sì, proviamola!
Sono rimasta estasiata dal risultato.
Una pasta scioglievole, filante e soffice proprio come quella di un panettone ed un profumo che si stampa nelle narici (ma anche in testa) facendo dimenticare che si tratta invece di una brioche.
Ecco, non mi dilungo oltre, perché è tardi e se anche voi avete i minuti contati, o se non vi sentite pronti per affrontare il Re dei lievitati,  allora vi invito a provarla questa brioche, per coccolare voi ed i vostri cari e per regalarvi un signor lievitato fatto con le vostre mani che sa proprio di Natale!
Sono certa che anche voi sarete increduli ed entusiasti del risultato.
Quella che vedete in questa foto è stata presa d'assalto durante le colazioni degli ultimi giorni; stasera tornerò ad impastare anche io!!! ;-)




INGREDIENTI:

120 g di lievito madre (*)  rinfrescato due volte a distanza di 4 ore
300 g di farina W 330/350 (in alternativa manitoba del supermercato)
100 g di latte
  50 g di acqua
  95 g di zucchero
  80 g di burro a temperatura ambiente
  15 g di miele
1 uovo (medio)
1 tuorlo (riservare l'albume)
2 g di lievito di birra fresco
4 g di sale
1 cucchiaio di rum
1 cucchiaino scarso di estratto di vaniglia home-made (in alternativa i semini di mezza bacca)
la buccia di un'arancia e di un limone grattugiata
120 g di uvetta
  40 g di arancia candita (se avete quella fatta da voi tanto meglio)
(*) in sostituzione fare una biga 12 ore prima con 100 g di farina manitoba, 50 g di acqua e 1,5 g di lievito di birra fresco, lasciata fermentare a 18°, ed utilizzarne solo 120 g nell'impasto.

Prima di iniziare l'impasto, tenere conto del tempo di ammollo e breve asciugatura dell'uvetta (40 minuti circa).

Preparazione:

Mettere in ammollo l'uvetta in una ciotola contenente acqua molto calda (quasi al bollore) e lasciarla riposare per una mezz'ora, dopodiché scolarla, passarla sotto acqua corrente e strizzarla leggermente tra le mani; poi metterla tra due-tre fogli di carta assorbente e tamponare bene, cercando di asciugarla il più possibile.
Sciogliere il lievito madre (o la biga) a pezzettini, in acqua, latte e miele.
Aggiungere il lievito di birra sbriciolato, e tanta farina (presa dal totale) quanto basta per ottenere un impasto morbido. Unire un tuorlo, 30 grammi di zucchero e, subito dopo, un po' di farina quanta ne serve per ridare all'impasto una consistenza morbida.
Ad assorbimento di uovo e zucchero, proseguire con l'altro tuorlo, altri 30 grammi di zucchero e ancora un po' di farina.
Continuare con l'albume rimasto, per poi unire  gli ultimi 35 grammi  di zucchero, il sale e, un po' per volta, tutta la farina riservandone un cucchiaio.
Lavorare l'impasto nell'impastatrice o con la tecnica dello slap&fold fino a quando risulti ben sodo e tende ad aggrapparsi al gancio (oppure non appiccica più né alle mani, né al piano di lavoro).
Dividere il burro in tre parti ed aggiungerlo in tre riprese, dopo ogni assorbimento.
Unire il rum, la buccia grattugiata dell'arancia, del limone, la vaniglia e l'ultima parte di farina portando l'impasto ad incordatura e verificando la formazione della maglia glutinica attraverso la prova del velo.
A questo punto, prendere l'impasto ed allargarlo in uno strato sottile su un piano di lavoro (ideale il marmo) leggermente imburrato; distribuire in modo uniforme l'uvetta con i canditi e richiudere al centro.
Ora ci sono due strade:
1. formare una palla con l'impasto, metterlo in un contenitore, coprirlo con pellicola e lasciarlo in frigo circa 8 ore. In questo caso tirarlo fuori al mattino, e lasciarlo a temperatura ambiente per circa 3 ore prima di proseguire.
2. lasciar puntare l'impasto un'ora in un contenitore coperto da pellicola, poi spezzare in due pezzi uguali (pesarli!) avvolgerli (una sola volta) con i pollici senza serrare troppo, (vedere qui) attendere 10 minuti e allungare i due pezzi fino a 40 cm ed avvolgerli tra loro per formare un treccione. Imburrare generosamente (oppure foderare con carta forno) uno stampo antiaderente da plumcake da 30 x 10,5 cm, adagiarvi l'impasto e coprire con pellicola.
Attendere che superi il bordo di due dita circa, per poi spennellare con l'albume avanzato ed infornare a 190° per i primi 10 minuti avendo cura, in questo tempo, di vaporizzare il forno; poi abbassare la temperatura a 175° e proseguire la cottura per altri 35'/40' (se la superficie si colora troppo, coprire con un foglio di carta di alluminio).
Trascorso questo tempo, fare la prova stecchino al centro che deve uscire asciutto e  non trovare resistenza quando si infila e sfila, oppure, con il termometro a sonda quando la temperatura al centro raggiunge i 94°.
Sfornare, attendere cinque minuti e togliere la brioche dallo stampo facendola raffreddare su una gratella. Solo quando è ben fredda, conservarla ben chiusa in un sacchetto in polipropilene oppure in uno da freezer, avendo cura di non far passare aria.

Ed eccola qua la nostra brioche, in tutto il suo splendore, la sua sofficità ed il suo profumo!
Vi accomodate qui da noi che ne mangiamo una fetta insieme mentre ci scambiamo gli auguri??? :-)))



☆:*´¨`*:..:*´¨`*:.☆☆:*´¨`*:..:*´¨`*:.☆☆:*´¨`*:..:*´¨`*:.☆

A voi tutti, giungano i nostri più sinceri, frizzanti, affettuosi, ma soprattutto svalvolati,
  AUGURI DI BUONE FESTE!

Tamara, Silvia, Emmettì

* ☆゚  * ☆゚ *




Questa brioche la porto nel cesto di Panissimo#46, la raccolta di lievitati dolci e salati
 ideata da Sandra di Sono io, Sandra, e Barbara, di Bread & Companatico
questo mese ospitata da Stefania di Cardamomo & co.





La volete un'idea carina per decorare la tavola di Natale con un piccolo segnaposto da mettere vicino al piatto?? Prendere dei tappi di sughero, tagliarli a metà e con la punta di un cacciavite a stella praticare un foro in cui mettere un rametto di pino. Spolverizzare con della farina o zucchero a velo per simulare dei piccoli abeti innevati e disporli sulla tavola abbinando magari il nome di ogni commensale! :-)))





Prummitori scattariSciàti: Pomodori rossi fritti alla fermata del Salento, a sentimento. Mi confermate che le feste sono finite?

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 Dopo queste feste stiamo tutti un po' così:
- Ciao. Come ti vanno le cose? - STRETTE.
- Situazione attuale: rotolo.
- Oroscopo del giorno: Bilancia. "Scendi immediatamente!"
- 4 Kg fa era il 23 dicembre.
- Sono salita sulla bilancia ed è uscita la scritta "L'importante è la simpatia."
- È inutile che mi vesta di nero, ci vuole proprio il buio.
- Se dico No è No, a meno che mi stiate offrendo del cibo, allora dico no ma è sì.
- Quando mi sono alzata da tavola hanno applaudito anche dal presepe.
- Babbo Natale, ti avevo chiesto AMORE, non  LE MANIGLIE DELL'AMORE
- Vigilia di Natale: "Ciao, disturbo?""Sì, sto cucinando""Allora ci sentiamo quando hai finito?""Ok, il 7 ti chiamo".
 Il 7 è arrivato, ti chiamo?
In verità sono ancora occupata con i sensi di colpa calorici che mi divorano, a recuperare le forze dopo che mi sono distrutta in cucina (a cucinare o a mangiare?!),  e a controllare l'ansia che mi distrugge al solo pensiero che Pasqua è alle porte.
Dopo queste feste ho chiuso a chiave la porta della cucina (e pure quella del bagno di servizio dotato di bilancia), per riaprirla solo ieri, ma con cautela. Ho pensato, ok, cucino, ma una cosa veloce, che si faccia da sé, che non contenga ventordicimila calorie, che sia versatile e, giacché, che sia pure simpatica... mumble... li pummitori scattariʃciàti! (attenzione alla pronuncia del dittongo "sci", vedi sezione "di pertinenza").

Cosa sono?
Li pummitori sono i pomodori, preferibilmente quelli invernali, gialli, appesi, ma anche pachino o ciliegino vanno bene.
Scattariʃciàticome tradurlo? Il salentino spesso è intraducibile, perché il salentino non è una lingua, è un sentimento... ok ok, ci provo! Scattariʃciàti significa scoppiati, scoppiettati, schiattati, ma simpaticamente, nulla di violento! Già solo pronunciare Scattariʃciàti a me fa venire allegria!

Li pummitori scattariʃciàti sono una prelibatezza che affonda le origini nella tradizione della cucina contadina scelta spesso come piatto unico nella veloce pausa pranzo tra un lavoro a campagna  e l'altro. In genere, li pummidori scattariʃciati venivano consumati su fette di pane raffermo oppure come condimento delle immancabili friselle, per dare un po’ di sostanza ad un piatto povero, sia pur gustoso. Io a campagna non ci vado, però li pummitori scattarisciati li cucino lo stesso, quando ho fretta, poca fantasia oppure quando la bilancia la mattina mi dice "l'importante è la simpatia"!



RICETTA 

oOOoכ Pomodori scattariʃciàti coOOo

Nati come piatto unico, accompagnati da panefriselle, oggi i pomodori scattarisciati sono usati anche per condire la pasta (perfette le nostre orecchiette al grano arso) o  per insaporire piatti a base di carne e di pesce, oppure oppure renderli la base di un piatto creativo, per esempio con l'aggiunta di un uovo fritto.

Ingredienti (quantità a sentimento):


clicca per ingrandire

Pomodorini (te pennulaè meglio, altrimenti ciliegini o pachino)
Olio extravergine d'oliva (due o tre cucchiai)
Aglio
Basilico fresco
Capperi sotto sale
Peperoncino
Origano
Sale

Facoltativamente, a seconda di ciò che si ha a disposizione, a gusto, o a sentimento, si possono aggiungere:

Spunzali (cipollotti salentini) o cipolla, olive nere, peperoni friggitelli, alici sott'olio o sarde sotto sale.
Formaggio ricotta semi-stagionato o pecorino (se usati per condire gli spaghetti).
Uova, da cuocere a occhio di bue insieme ai pomodori gli ultimi minuti di cottura.

Preparazione:

Lavare e asciugare i pomodori senza tagliarli, devono rimanere interi ed integri.
In un tegame a bordi alti scaldare l'olio fino a farlo diventare bollente, senza bruciarlo però. Eh!
Versarvi dentro i pomodori, coprirli con un coperchio (che sia quello giusto per la pentola, se di vetro ancora meglio, così possiamo spiare senza essere visti).
➲ Cuocere a fuoco vivace fino a quando si sentiranno i botti di Capodanno! Ecco, è questo il momento in cui i pomodori scattarìʃciano! (occhio all'accento!).
Dopo una decina di minuti abbassare la fiamma ed aggiungere l'aglio scamiciato, il basilico, i capperi, il peperoncino ed eventuali altri ingredienti scelti a sentimento.
➲ Lasciarli scattariʃciàre ancora per dieci/quindici minuti (che spettacolo spiarli da lu tampagnu trasparente!).
➲ Spegnere il fuoco, eliminare l'aglio, aggiungere l'origano, salare se occorre e servire nel modo scelto:

con pane abbrustolito;
con le friselle;
con la pasta fresca  scolare al dente la pasta, mantecarla su fuoco vivo con i pomodori, il loro sughetto e qualche cucchiaio di acqua di cottura, a fine cottura ggiungere una spolverata abbondante di formaggio ricotta;
con le uova, che si cuoceranno insieme ai pomodori, appena questi avranno smesso di scattarisciare, altrimenti scattarisceranno pure le uova;
come contorno di carne o pesce o legumi;
come volete!!

Provare per gustare!






DI PERTINENZA


Il dialetto salentino, come dicevo su, più che una lingua è un sentimento. Sentimento rappresentato dalla storia della parlata salentina che è molto complessa ed articolata, carica di influenze linguistiche provenienti dalle popolazioni stabilitesi nel territorio nel corso dei secoli: messapi, greci, romani, bizantini, longobardi, normanni, albanesi, francesi, spagnoli, arabi, emminchia quanti! Capite perché tanto sentimento?? Abbiamo accolto i fonemi di tutti, prendendone un po' da ognuno, così chiunque a casa nostra si sente a casa propria. Pertanto nel tempo è diventata una lingua ricca, opulenta, piena di parole, concetti, costrutti e anche suoni unici e... difficilmente traducibili!

A proposito di suoni, per esempio, il digramma italiano sc (quello dolce, quello di sci), a seconda di come si pronuncia in salentino assume un significato completamente diverso:
prendiamo la parola osce:
- se la  sc  si pronuncia in modo molto dolce, leggero, suono rappresentato dal /ʃ/   è una  fricativa postalveolare sorda di grado semplice, quindi si legge osce /ɔʃɛ/, e significa oggi.
- se invece la sc si pronuncia quasi raddoppiando il suono (come le consonanti doppie), trattasi di
 fricativa postalveolare sorda di grado doppia, ossia il suono sc italiano, si scrive šc, quindi 'ošce /ɔʃʃɛ/,e significa vostre.

Quindi, pummitori scattarisciati si pronuncia così: pummitoriscattariʃiàti  (cliccate QUI)

Se volete sentire anche osce&osce cliccate QUI.

Spicciai (Finii)

Tamara




GENEROSAmente


Per l'anno nuovo voglio farvi un regalo unico, speciale e generoso! Condivido con voi la mia collezione privata di preziosissimi Cavez originali! Sono certa che prima o poi, almeno uno di questi vi sarà utile :)



clicca sugli affa sulle immagini per ingrandirle











Principe Azzurro... ma vaffanfiaba!

Tamara

Torrette di patate

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Arrivo in ritardissimo con la pubblicazione di questo post!
Di corsa vi ho lasciati qualche giorno prima di Natale, e di corsa mi faccio ritrovare oggi.
Oh, ma che succede a questo tempo?
Sono io che ho rallentato il passo, o voglio fare troppe cose??
Voi come siete messi?
Ogni tanto mi piglia lo sconforto, ma poi penso che finché tutto scorre, se pur in modo turbolento, va bene così!
Significa che ho la fortuna di poter correre. :-DDDD

Le feste natalizie e qualche giorno in più dedicato alla cucina, sono stati occasione per provare qualcuna delle ricette dormienti nella lunghissima lista di quelle da fare.
Ed è toccato a queste patate che mi chiamavano da quando, a settembre (mentre ero in sala d'attesa dal dentista e sfogliavo una rivista), avevano catturato la mia attenzione.
Non è servito neanche annotare dosi e procedimento.
La memoria fotografica è stata infallibile! :-))))

Ecco allora un'idea alternativa alle solite (ma sempre ottime) patate al forno, arricchita da burro, formaggio e spezie che le rendono irresistibili!
A dire il vero, la ricetta aveva catturato la mia attenzione più per la presentazione del piatto che per il resto, ma all'assaggio sono rimasta davvero sorpresa dal risultato!
Il sentore di burro sposa deliziosamente il sapore delle patate, il parmigiano fuso fa da collante con la sua cremosità mentre le spezie esaltano tutto l'insieme. Le fettine, sottili-sottili-sottili, croccanti e profumate, si lasciano mangiare sfoglia dopo sfoglia pizzicandole anche con le mani (eh sì, contravvenendo alle buone maniere in tavola!!!!). :-DDD
Siete pronti a farle con me?



Per una teglia da muffin a 12 cavità

1 kg di patate a pasta gialla (*)
80 g di burro fuso
50 g di parmigiano grattugiato
  4 g di aglio secco (va bene anche quello fresco tritato fino fino)
  5 g di erbe di provenza
sale
pepe
rosmarino
altro burro per ungere la teglia

(*) Il quantitativo di patate, dipende dalla profondità degli incavi della teglia da muffin; può essere che ne avanzi qualche fettina che possiamo saltare velocemente in padella.


Lavare e sbucciare le patate (se son biologiche, lasciare anche la buccia che è buonissima) per poi tagliarle a fettine di circa 2-3 mm, con l'aiuto di un coltello tipo "spelucchino" o con una mandolina.
Condirle con il sale, pepe, rosmarino, erbe di provenza ed aglio; successivamente aggiungere il burro fuso, il parmigiano e mescolare, fino a quando il tutto sarà ben condito ed amalgamato.
Imburrare generosamente la teglia da muffin, poi prendere 20-25 fettine di patate e sistemarle a mo' di torretta negli incavi della teglia, spolverare nuovamente con un po' di spezie, pepe e parmigiano ed infornare a 200° per circa 45 minuti (o finché risulteranno ben dorate).
Sfornare, servire ben calde e buon appetito!!!! :-)))




È con tantissima felicità ed altrettanto entusiasmo che metto qui le torrette di Tamara, fatte ancor prima che il post venisse pubblicato e condivise con me praticamente in diretta, poco prima di essere pappate! :-)))
Tam, grazie davvero per la bellissima sorpresa!!!!! Sei un tesoro, come sempre!  (。❤❤。)




DI CURIOSITA' E STORIE BUFFE!

Quanti tipi di patate esistono? Fritte, lesse, al forno, al vapore, schiacciate, nello spezzatino, nelle creme, nei passati e nelle vellutate, persino nei dolci: da quando gli spagnoli hanno importato le patate dall’America del Sud, la cucina europea non ha potuto più farne a meno (nonostante un’iniziale ritrosia nei loro confronti per la loro crescita sottoterra).
L’importanza a livello mondiale delle patate è tale che l’Onu ha voluto celebrare il 2008 quale Anno Internazionale della Patata poiché “rappresenta una delle soluzioni del futuro nella lotta contro la fame e la povertà“.
E se in alcuni paesi – come l’Irlanda e altri paesi del Nord – le patate sono state, e sono ancora oggi, un ingrediente immancabile di ogni pietanza, anche in Italia sono molto popolari e compaiono nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali di praticamente tutte le regioni della penisola; sono addirittura protagoniste di numerose sagre di paese – al Nord come al Sud – e al centro di più di un festival nazionale. Ma se si fa presto a dire patate, più difficile è orientarsi tra le diverse tipologie coltivate e disponibili attualmente in Italia. Le patate infatti non sono tutte uguali e non tutte sono adatte a essere fritte, cotte al forno o trasformate in purè.
Vediamo quindi le tipologie e i loro utilizzi ideali in cucina.

A pasta bianca: sono ricche di amido, la loro polpa è farinosa e tende a sfaldarsi durante la cottura. Questa caratteristica le rende adatte alle preparazioni che prevedono patate schiacciate con la forchetta o in uno schiacciapatate, ma mai in un frullatore il cui movimento rotatorio renderebbe l’impasto colloso. Tra le ricette per cui sono l’ideale troviamo il purè, gli gnocchi, le crocchette o gli sformati.
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A pasta gialla: devono il colore e la compattezza della loro polpa alla presenza di caroteni. A differenza di quelle bianche, resistono meglio alla cottura e possono essere usate fritte, cotte in umido, al forno o lessate.
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Le Rosse: di rosso hanno solo la buccia, mentre la polpa all’interno è chiara e compatta. Solitamente sono più piccole rispetto alle altre patate e tondeggianti; sono ideali per essere lessate, cotte al forno, in umido o fritte. Colfiorito (Perugia) e Cetica (Arezzo) sono tra i più rinomati produttori di patate rosse. 
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Le novelle: sono raccolte prima di arrivare a completa maturazione e hanno piccole dimensioni e buccia sottile. Non sono assolutamente adatte per il purè, mentre sono ottime arrosto o bollite, rigorosamente con la buccia. 
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La patata Turchesa: buccia blu-violacea, polpa chiara di media consistenza e granulosità. Si prestano a diverse cotture, in particolare quella al forno.
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Patate Vitelotte: in Italia sono poco coltivate e si presentano di un bel viola intenso sia all’esterno che all’interno. Solitamente sono molto apprezzate in cucina per la spettacolarità cromatica che conferiscono ai piatti.
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Patate americane o patate dolci. In realtà hanno in comune con le altre patate solo il nome e non appartengono neanche alla stessa famiglia: se le batate sono delle Convolvulaceae, le patate vere e proprie sono delle Solanaceae, come pomodori e peperoni. Ricche di amido e dal sapore dolce, possono essere consumate bollite, al forno o fritte.
    E adesso una buffa storia! 
    Titolo: "La prima volta della patata ad un banchetto reale".
    Sir Walter Raleigh (1552-1618), esploratore e storico britannico noto per le sue spedizioni nelle Americhe, introdusse la patata in Irlanda nel 1589 e ne iniziò la coltivazione a Myrtle Grove, nei pressi di Cork.
    La leggenda vuole che egli abbia fatto dono di piante di patate alla regina Elisabetta I.
    Per questo motivo i notabili di Myrtle Grove furono invitati a un banchetto reale, che comprendeva anche pietanze a base di patate. Purtroppo i cuochi non conoscevano affatto questo ortaggio e, scartati i tuberi, prepararono un bollito con steli e foglie (che sono velenosi), provocando una grave intossicazione tra i commensali. Le patate furono così bandite dalla corte per essere reintrodotte qualche anno dopo, quando capirono che era il tubero a dover essere cucinato! ;-)


    Buon fine settimana, cari lettori!
    Che sia pieno di speranze, sorrisi e cose belle! ♥

    Pollo Maya: con zenzero, lime ed erbe aromatiche.

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    Prima di cominciare a scrivere ho pensato "stavolta batto il record di sintesi", ma poi ho ricordato questo post  in cui ho vinto il Contest "Dono della sintesi vieni a me", e se è vero che ero l'unica partecipante, è sacrosanto anche che ho dovuto fare uno sforzo sovrumano per vincerlo! (avete mai faticato meno in qualche gara rispetto a quando lottate contro voi stessi?).
    E quindi niente record, ma un discreto sforzo di sintesi ve/me lo garantisco!
    L'occasione giusta per sfoggiare cotanta concisione è questa semplice ma succulenta ricetta Maya, la mia amica Maya, mamma di tre meravigliosi bambini Emme (nella sua famiglia si chiamano tutti con nomi che cominciamo con la lettera M), nonché blogger in congedo maternità e regina bucherola di pani e pizze (come escono alveolati a lei, nessuno! guardare qui e qui per credere), ma non solo, bravissima a cucinare #nonsocomefaccia #contrebambinipiccoli #dicuiduegemelli #einsommapassiamoallaricetta #sennòaddiosforzodisintesi.


    Il pollo aromatizzato al lime e zenzeroè un piatto della cucina etnica, fine e raffinato, da accompagnare con insalata fresca per un secondo gustoso e veloce o con  riso basmati per gustare un esotico piatto unico. Ne propongo due versioni, una velocissima e una altrettanto veloce, ma che prevede la marinatura del pollo, utile ad ammorbidire e insaporire la carne.



    RICETTA

    Ingredienti per 4 persone:

    800 g di petto di pollo tagliato a fette
        2 cm di zenzero fresco
        1 scalogno
        1 peperoncino fresco dolce (oppure paprika o pimenton)
        2 lime (il succo)
        4 cucchiai di olio e.v.o.
    q.b. di farina
    q.b. di sale e pepe al mulinello
    q.b. di vino bianco
    q.b. di erbe aromatiche fresche (prezzemolo, menta, ciuffi di foglie di finocchio, o altre a scelta)


    Procedimento per la versione velocissima

    ↳  Tritare  lo scalogno e  il peperoncino e soffriggerli dolcemente insieme allo zenzero grattugiato in 4 cucchiai di olio.
    ↳  Tagliare il pollo a striscioline, infarinarlo e aggiungerlo al soffritto.
    ↳  Rosolare le striscioline per farle dorare da tutti i lati.
    ↳  Regolare di sale e pepe macinato al momento.
    ↳  Aggiungere il succo del lime e portare a cottura, irrorando con vino bianco se occorre.
    ↳  Cospargere di erbe aromatiche tritate e servire caldo.

    Per la versione veloce
    ↳  Qualche ora prima di cucinare, tagliare il pollo a striscioline, irrorare queste ultime con succo di lime, zenzero grattugiato e vino bianco.
    ↳  Tritare  lo scalogno e  il peperoncino e soffriggerli dolcemente  in 4 cucchiai di olio.
    ↳  Scolare il pollo dalla marinata, infarinarlo e aggiungerlo al soffritto.
    ↳  Rosolare le striscioline per farle dorare da tutti i lati.
    ↳  Regolare di sale e pepe macinato al momento.
    ↳  Aggiungere la marinata e portare a cottura.
    ↳  Cospargere di erbe aromatiche tritate e servire caldo.



    DIVAGAmente 


    Ecco...


    Donuts al forno. Ed è subito carnevale!

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    Quando l'anno scorso vidi il post di Giulia, rimasi a lungo con gli occhi incollati al pc, incantata dalla bellezza di quelle foto ed incuriosita come non mai dalla ricetta! Fatto sta che la sera stessa avevo già le mani in pasta; essendo il giorno successivo un sabato, avrei potuto dedicarmi con tutta calma a quella golosità che mi aveva rapita e, al tempo stesso, regalare una merenda davvero speciale!
    Mi resi conto che il risultato sarebbe stato meraviglioso non appena terminai l'impasto: sotto le mani si presentò subito bello, soffice, profumatissimo, e oserei dire quasi etereo!
    Il risultato andò ben oltre le aspettative!
    Non solo le ciambelline erano buone da morire, ma non avevano nulla da invidiare a quelle fritte! Il sapore del burro pennellato all'esterno, i granelli di zucchero e la sofficità pazzesca dell'impasto sono stati gli elementi vincenti!
    Come immaginavo, gli ospiti arrivati per la merenda non fecero avanzare né una briciola né un granello di zucchero e, alla domanda "vi son piaciuti?" hanno risposto con un'altra domanda "domani possiamo tornare?" :-DDDDD
    Poi, quel domani in realtà non c'è stato, e anche i donuts son rimasti da replicare nel corso del tempo, ma di certo non sono finiti nel dimenticatoio, tant'è che oggi li ripropongo e li condivido perché anche voi possiate provare questa straordinaria bontà!
    Ah, stavolta ne ho fatto doppia dose, che altrimenti le foto col cavolo che riuscivo a farle!!! ;-)

    Alla ricetta ho apportato qualche modifica: ho ridotto la quantità di lievito (poiché avevo a disposizione tutta la notte per far maturare l'impasto) e aggiunto un po' di miele che aiuta a mantenere morbidezza ed umidità nel caso in cui qualche ciambella avanzasse per il giorno dopo (dubito, ma non si sa mai!!).
    A questo punto è doveroso, un ringraziamento speciale alla dolce Giulia, che nella sua cucina sforna una meraviglia dopo l'altra, immortalando il tutto con bellissimi scatti!
    Grazie Giulia! :-))))))))


    RICETTA (dosi per una ventina di donuts)

    250 g di farina 0
    150 g di farina manitoba
    2 uova medie
    170 ml di latte intero
    50 g di zucchero
    15 g di miele di agrumi o acacia
    80 g di burro morbido
    4 g di lievito di birra fresco
    scorza grattugiata di 1 limone non trattato
    scorza grattugiata di 1 arancia non trattata
    i semi di ½ bacca di vaniglia (oppure un cucchiaino di estratto)
    6 g di sale
    farina di riso per lo spolvero

    Per la finitura:
    30 g di burro fuso
    zucchero semolato

    (clicca per ingrandire)
    Versare il latte, lo zucchero, il lievito, le uova e gli aromi in una ciotola; mescolare con una frusta in modo da emulsionare il tutto ed unire i due tipi di farina, precedentemente setacciati, in una sola volta. Aggiungere il sale e, sempre con la frusta, amalgamare il tutto fino ad ottenere un impasto grossolano che lasceremo riposare per una ventina di minuti.
    Rovesciare l'impasto su un piano di lavoro e, con la tecnica dello slap&fold, lavorare fino a quando risulterà liscio ed elastico.
    Unire il burro, a piccoli fiocchi ed in più riprese (senza aggiungerne di nuovi fin quando i precedenti non siano stati assorbiti) e portare ad incordatura, facendo la fatidica prova del velo.
    Per chi impasta con macchina planetaria, eseguire le stesse operazioni utilizzando la frusta K fino all'inserimento del burro, dopo di che proseguire con il gancio.

    Raccogliere l'impasto, formare una palla, riporlo in una ciotola coprendo con pellicola per poi trasferirlo in frigo per 10-12 ore (possono bastarne anche 8; il riposo non è indispensabile, ma restituisce profumi e consistenze notevoli).
    Trascorso questo tempo, lasciare che l'impasto torni a temperatura ambiente e raggiunga il doppio del suo volume iniziale; a raddoppio avvenuto, sgonfiarlo delicatamente e stenderlo su un piano di lavoro leggermente infarinato ad uno spessore di circa 1 cm. Se non si dispone dell'apposita caccavella per fare le ciambelle, ricavare dei cerchi con l’aiuto di un bicchiere (o di un coppa pasta di circa 8 cm di diametro), quindi con uno più piccolo (di circa 3 cm), ritagliare il buco centrale.
    Sistemare i donuts ben distanziati su due teglie rivestite di carta forno; coprire con pellicola e lasciar lievitare  fino al raddoppio del loro volume.
    I ritagli di impasto possono essere lasciati così come sono mettendoli a lievitare in un'altra teglia, ottenendo dei golosissimi bottoncini, oppure reimpastati per ottenere altre ciambelle
    A raddoppio avvenuto, cuocere in forno caldo a 180° per circa 15 minuti o fino a quando i donuts non saranno leggermente dorati; estrarli dal forno, pennellarli immediatamente con un velo sottile sottile di burro fuso da entrambi i lati , tuffarli nello zucchero semolato e scuoterli delicatamente per eliminare quello in eccesso. Sistemare mano a mano su un vassoio, servire, e bearsi delle facce di coloro che al primo morso sgraneranno gli occhi per la bontà! :-DDDD
    Se, per caso, ne avanzasse qualcuno per il giorno dopo, scaldare leggermente nel microonde a temperatura moderata (190w) per poco più di un minuto; torneranno come appena sfornati! ;-)
    Allora, vi ho convinti a provarli?? :-))



    Vi lascio un'indicazione di quelli che potrebbero essere gli orari da seguire:

    ore 19.00 impasto 

    ore 20.00 in frigo
    ore 07.00 del giorno dopo, acclimatamento e raddoppio dell'impasto
    ore 11.00 formatura delle ciambelle
    ore 14.00 cottura 
    ore 16.00 merendaaaaaaaaaaaa! 


    LO SAPEVATE CHE... 
    La prima ricetta per preparare i donuts è apparsa negli Stati Uniti intorno alla prima decade del 1800 e pochi anni dopo iniziò a diffondersi anche nel resto dell’America. 
    Si tratta, attualmente, di uno dei dolci più diffusi soprattutto a New York, ma secondo la teoria più accreditata le sue origini risalgono agli olandesi. 
    Prima del 1850, grazie alla massiccia migrazione degli olandesi negli Stati Uniti, arrivarono nel nuovo continente dei dolci tipici della loro cucina, chiamati olykoeks
    Si trattava di una sorta di torta zuccherata e fritta nel grasso. Questo dolce però risentiva  di un problema: non si riusciva mai a cuocerla perfettamente nel centro, che rimaneva sempre crudo. 
    Per capire come si decise di ovviare a questo problema, va introdotta la figura del capitano americano Hanson Gregory, che cambiò definitivamente la forma di queste torte, trasformandole nelle ciambelle che conosciamo oggi. 
    Gregory, che portava con sé questo impasto durante i lunghi viaggi in nave, ne farciva il centro (dough) con nocciole (hazelnut) o noci (walnut) per coprire il difetto. Da qui nacque il nome doughnut. Successivamente, però, pensò direttamente di forarle centralmente, praticando un buco che avrebbe consentito una cottura omogenea e conferito un sapore decisamente più buono al dolce.

    La ciambella con il buco cominciò a diffondersi solo durante la Prima Guerra Mondiale, quando molti soldati americani nelle trincee francesi si nutrivano proprio con le doughnut. Questo perché molte donne volontarie distribuivano cibo, e soprattutto le ciambelle, per ricordare le loro case e famiglie ormai lontane. 
    La diffusione di massa avvenne solo nel 1920, quando fu costruito il primo macchinario che iniziò a produrre in serie le ciambelle, grazie all’idea di un rifugiato russo, Adolph Levitt, che la introdusse nella sua bakery di New York. 
    Da quel momento, l’idea ebbe successo ed oggi è possibile trovarle quasi ovunque! Alle ciambelle è addirittura dedicata una giornata nazionale negli Stati Uniti: il National Doughnut Day, celebrato il primo venerdì di giugno. Nato per ricordare le centinaia di donne volontarie che assistevano i soldati in trincea mantenendoli in forza,  attualmente è una giornata in cui ci si sbizzarrisce a mangiare ciambelle gratis nei tanti locali che le offrono.
    Qui nel frattempo è arrivata l'ora della merenda e io ne ho approfittato per fotografare  qualche musetto inzuccherato... :-)))))))))  
    Buon inizio di settimana.
    Siate lieti, sempre!





    Con questa ricetta partecipo a Panissimo#44, la raccolta di lievitati dolci e salati
    ideata daSandra di Sono io, Sandra, e Barbara, di Bread & Companatico,
    questo mese ospitata da me Sono io, Sandra 








    Frappe: un dolce, tanti nomi.

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    Ho un debole per i dolci di carnevale. Ricordate le castagnole e i ravioli dolci? Veramente ho un debole anche per i fritti. Intendiamoci, friggo poche volte l'anno ma lo faccio. : D

    Frappe, lattughe, chiacchiere, bugie, cenci... questi alcuni dei nomi che danno a queste meraviglie che emergono dall'olio caldo e profondo. 
    Ricette ce ne sono moltissime in giro e più o meno si equivalgono, ma quest'anno avevo deciso di trovare qualche piccola variante e l'ho trovata qui. Le proporzioni di uova, farina e zucchero erano uguali alla mia vecchia ricetta ma con più aromi.
    Riporto le dosi per 500 g di farina.




    RICETT A 



    INGREDIENTI

    500 g di farina 00 11% proteine
      50 g di zucchero zefiro (semolato fine)
    170 g di uova intere (circa 3 medio-grandi)
      60 g di burro morbido
        5 g di sale
     50 g di vino bianco (meglio se vermouth ma io non lo avevo)
     15 g di rum
     15 g di sambuca
       1 cucchiaino estratto di vaniglia o semi di mezza bacca
    scorze di mezza arancia e mezzo limone
    la punta di 1 cucchiaino di cannella 

    Olio di arachide per friggere



    PROCEDIMENTO

    Impastare tutti gli ingredienti insieme e lavorare fino ad avere una palla liscia. Far riposare avvolto nella pellicola per un' oretta a temperatura ambiente.

    Stendere, ho usato la nonna papera, partendo da 0 fino ad arrivare a 5 e vengono abbastanza fine. La mia macchina va da 0 a 7. tagliare a strisce, a rombi o come si preferisce.

    In una padella a bordi alti scaldare a 170/180° l'olio di semi.
    Mentre si stende la prima striscia tenere sempre coperto con pellicola il resto dell'impasto altrimenti secca. 
    Friggere a fuoco medio per un paio di minuti, quando saranno appena dorate scolare su carta da cucina. Quando fredde spolverare di zucchero a velo, se piace, aromatizzato alla vaniglia e/o cannella. 



    NOTE

    Metto lo zucchero a velo soltanto al momento di servirle. 
    Nel link della ricetta si suggerisce di asciugarle in forno tiepido per favorire la conservazione; in verità a me sono rimaste croccanti per tre giorni, oltre non lo so perché sono finite 😊
    Se si vogliono sottili sottili si consiglia di usare una farina forte perché più elastica e non si rompe se si stende ad uno spessore minimo.


    CURIOSITÀ

    Pensate che le frappe qui a Roma, nel periodo di carnevale sono talmente gettonate che ad Acilia c'è un negozio che apre soltanto in tale periodo per venderle insieme alle castagnole!

    Qui altri nomi delle frappe.

    A proposito di nomi , anche questa ne ha parecchi;)))


    Cicatelli di grano arso con crema di cicoria, burrata e alici e ogni scarrafomamma è bella a figlia soja

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    Quando ho letto la ricetta su un giornale, ho capito che era arrivato il momento. Sì, ho sentito un rigurgito fortissimo di coraggio, sapete di quelli che: questa cosa non la farò mai, troppo difficile, no no no, verrebbero ciofeche, no e poi no, e poi all'improvviso il leone che è in noi (o in Emmettì:) esce fuori ruggendo spavaldo, sì! Si può fare! Farò i cicatelli, e non intendo che li cucinerò, ma li farò proprio! Prendo armi, bagagli, grano arso e coraggio e corro da lei, la maestra di cicatelli, mia madre, per farmi aiutare. E' andata a finire che li ha fatti lei, non  potevo rischiare che venissero dei vermi informi dalle lunghezze variabili, io ho fotografato e filmato. Però poi, le ultime due striscioline di pasta le ho fatte io, giuro!
    Ma cosa sono i cicatelli?

    I cicatelli, specialità pugliese, sono un tipo di pasta corta lavorata a mano ricavata da un impasto di farina di semola e acqua e hanno una forma allungata ottenuta schiacciando l'impasto sulla spianatoia. Ricordano lontanamente la forma di una barca, sono simili ai cavatelli ma più lunghi, senza apertura centrale, piuttosto dei “segni” che si creano con le dita durante la lavorazione. Adatti quindi, ad essere conditi con sughi di un certo spessore, salse a base di carne o di verdure fortemente saporite come rucola, cima di rapa, radicchio, ecc.

    In questa ricetta ho trovato interessante la variante con la cicoria, parzialmente ridotta in crema, dolce e delicata, con l'aggiunta della burrata, dal gusto leggero, a condire i cavatelli impastati con grano arso, (di cui le mie socie hanno abbondantemente parlato nel post delle orecchiette) che invece hanno un gusto deciso e un profumo intenso. L'aggiunta delle alici sott'olio e del peperoncino aggiunge forza e brio ad un piatto semplice, colorato e d'effetto!





    RICETTE

    CICATELLI DI GRANO ARSO

    clicca per ingrandire



    Ingredienti per 4 persone:

    100 g di semola di grano duro Senatore Cappelli
    100 g di semola rimacinata di grano duro
      50 g di grano arso
    130 g di acqua





    Preventivamente procurarsi, ove possibile, una nonna papera, una mamma bravissima a fare la pasta in casa (meglio se a casa sua, così poi tutto il casino lo pulisce lei), e un nipotino bellissimo, simpatico, chiacchierone e volenteroso, per farsi aiutare nella rognosissima operazione di mettere in fila la pasta nei vassoi. Poi procedere come di seguito, oppure fotografare e filmare mentre la mamma suddetta procede come di seguito.


    Procedimento:

    - In una ciotola miscelare le farine con le mani e poi versarle su un piano di lavoro formando la classica fontana.
    - Al centro versare l’acqua ed iniziare ad impastare fino a formare un impasto omogeneo ed elastico.
    - Quando sarà perfettamente liscio, avvolgerlo con della pellicola alimentare e lasciarlo riposare a tempertura ambiente per 30-40 minuti.
    - Tirare la pasta col mattarello su una spianatoia infarinata o con la nonna papera fissando la distanza tra i rulli al massimo, insomma mettere alla tacca più larga, per capirci.
    - Appiattire un po' l'impasto, infarinarlo, piegarlo su stesso tre o quattro volte e passarlo nella macchinetta. Ripetere questa operazione almeno 4 o 5 volte.
    - Tagliare delle strisce larghe dai 5 ai 5,5 cm.
    - Dalle strisce ricavare delle fascette larghe circa un cm.
    -  Poggiare i polpastrelli di 3 o 4 dita sulla fascetta, fare pressione strascinando la pasta sul tagliere, farla rotolare su se stessa e passare alla successiva. Via così fino ad esaurimento della mamma dell'impasto.
    - Chiedere al nipotino di disporre la pasta su un vassoio infarinato.
    - Far seccare la pasta almeno mezza giornata, io preferisco una giornata intera.



    Se non s'è capito come si formano i cicatelli, dare un'occhiata al video sotto.



    CICATELLI DI GRANO ARSO CON CREMA DI CICORIA, BURRATA E ALICI



    Ingredienti per le 4 persone di cui alla precedente:

    350 g di cicatelli di grano arso
    800 g di cicoria catalogna (preferibilmente con foglie e cuori)
        1 burrata (250 o 300 g)
        6 filetti di alici sott'olio
        1 spicchio d'aglio
    2/3 cucchiai di olio extravergine d’oliva
     q.b. di peperoncino piccante fresco o secco
     q.b. di sale .

    Procedimento:

    - Mondare e lavare accuratamente  foglie e cuori della cicoria.
    - Portare a ebollizione una pentola di abbondante acqua salata,  lessare la cicoria catalogna per una decina di minuti, quindi scolarla conservando l'acqua di cottura.
    - Nel frattempo, in una padella rosolare nell'olio uno spicchio d'aglio sbucciato e schiacciato, le alici sminuzzate e peperoncino piccante a volontà.
    - Quando le alici saranno sciolte rimuovere l'aglio, unire le cicorie e farle insaporire per qualche istante.
    - Con l’aiuto di un frullatore ad immersione frullarne una parte fino a formare una crema. -
    - Scolare i cicatelli (ricordarsi di prelevare una tazza di acqua prima) e saltarli in padella con gli altri ingredienti, aggiungendo se necessario qualche cucchiaio di acqua della pasta.
    - Dividere la pasta condita nei piatti e distribuirvi al momento fiocchi di burrata fresca.
    - Credo sia cortesia invitare a pranzo almeno la mamma e il nipotino!





    DI PERTINENZA

    La Burrata è un formaggio fresco a pasta filata, prodotto in Puglia, nella zona delle Murge e in particolare ad Andria, sua città natale. Anche se ricorda la mozzarella la sua consistenza è molto più morbida e filamentosa. È fatta con latte di mucca e ha una forma sferica tra i 7 e 10 cm di diametro.

    Dalla forma di una nuvola, candida, liscia e morbida, ha l’aspetto di un piccolo sacchetto di pasta filata, bianco e lucido, dello spessore di circa 2 mm. Questo sacchetto, fatto a mano, rinchiude un morbido cuore di “sfilacci” di pasta filata e panna chiamato stracciatella. Il nome non è casuale e deriva dalla modalità di preparazione, con cui la pasta filata viene “stracciata” a mano per formare pezzi (lucini) di forma e lunghezza irregolari. Il peso di una buona burrata può variare dai 100 g a 1000 g. Il gusto, inconfondibile, è dato dal sapore di latte fresco o cotto unito a burro e panna. Il modo migliore per gustare questa vera e propria delizia è un assaggio che unisca la sacca esterna e la stracciatella in un unico boccone.

    La storia della burrataè un racconto interessante e bizzarro (e ti pareva). È sicuramente figlia dell’arte casearia pugliese e della sua città natale, Andria, in particolare, ma il suo inventore ha un nome e un cognome. Proprio ad Andria, in questa città stesa tra le pendenze delle Murge e l’Adriatico, nel 1956, Lorenzo Bianchino lavorava presso la masseria Piana Padula, nella quale venivano prodotti formaggi a pasta filata ripieni di burro, chiamati manteche.
    Fu nel 1956, anno di una straordinaria nevicata che rendeva difficili i trasporti, che il signor Bianchino, ebbe un’idea: creare una specie di sacchetto con la pasta della mozzarella per conservarvi all’interno la panna e la stracciatella. In questo modo, da un’idea semplice e geniale, nacque la Burrata che, in poco tempo riscosse uno straordinario successo in Italia e nel mondo, fino a divenire un prodotto simbolo di un’intera regione.
    (mi viene il dubbio che il Bianchino avesse origini nordiche, un uomo del sud, un giorno di straordinaria nevicata che rendeva difficili i trasporti, avrebbe impiegato il suo tempo altrove ed in altro modo. Certamente😉 )




    DIVAGAmamma

    Mia madre è un soggetto, come dire, una tipa. Ogni scarrafamamma è bella a figlia soja, ma a me mia madre fa morire. A parte la mammitudine e l'amorevolezza di cui è capace (molto ruspante ma genuina e tanta, nonostante io sia ormai bella stagionata e madre a mia volta, sempre figlia mi fa sentire), mi fa morire dal ridere per tre cose:
    - per la schiettezza, come dire, non te le manda a dire, tipo: tanti auguri cara, ti ho portato un panettone. "un panettone??? ma non dovevi, ne ho già due, di panettoni! Tienilo pure, grazie!";
    oppure, come raccontai di nascosto qui, quando mi dice "No Tam grazie, non la voglio la tua pizza, la mia è molto più buona" (e ovviamente ha ragione!).
    - per la golosità, come si dice nel salento, è proprio cannaruta, però per non farsi sgamare pilucca, tipo: l'altro giorno  abbiamo fatto le chiacchiere "io ne mangio solo una eh... che buone, me ne passi un'altra? vabbè dai ancora una... l'ultima! a furia di ultime, se ne è spazzolate un vassoio! *
    - per l'ingegno e la precisione che ha in cucina, tipo: è capace di fare polpette, a mano libera, talmente tutte uguali che se le misuri col calibro non differiscono di un millimetro! **
    Idem quando fa i cicatelli. Tutti identici uno all'altro, vassoi e vassoi di pasta che manco un pastificio industriale. E' talmente precisa e metodica, pulita e ordinata, controllata e paziente, che mi sono sempre messa in ammirata osservazione seduta accanto a lei ogni volta che decideva di mettersi mani in pasta, rifiutandomi solennemente di confrontarmi con cotanta perfezione. Voglio troppo bene al mio ego per infliggergli una batosta così grande come quella delle polpette! (vedi nota **).

    * Da che si capisce da chi abbia preso la mia cannarutezza. Che si sa, di generazione in generazione pregi e difetti si raffinano e rafforzano: io sono talmente cannaruta che i miei figli, da piccoli, nascondevano caramelle e cioccolato altrimenti io glieli spazzolavo senza lasciar manco la carta, per dire.
    ** da che si capisce da chi non abbia preso la mia capacità di fare polpette: non solo non c'è pericolo che ne escano due uguali, ma se le misuri col calibro il ventaglio di misure tra la prima e l'ultima varia dalle dimensioni di un cece a quelle di un mandarino. Per dire.

     Poi mia madre è anche una splendida nonna dei miei figli, di cui si è occupata da quando sono nati, ma questa è un'altra (meravigliosa) storia.  ❤️

    Tamara


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